INCREBILE: ETRA VA IN BUON UTILE. MA COME?

ETRA NEL 2024 HA UN INTERESSANTE UTILE NETTO DEL 3,9% DOPO ANNI CRITICI. CERCHIAMO DI CAPIRE COSA CI STANNO RACCONTANDO

Ed è proprio una sorpresa, perché dopo anni abbastanza critici Etra presenta un bilancio in regola come utile. Lo stesso risultato del 2021. Ricordiamo che nel passato la “politica” voleva un bilancio in pari o dividere l’utile. Una cosa da ignoranti, perché senza utile accantonato non si fanno investimenti.
Ma l’aria sembra appunto cambiata. E se guardiamo i costi troviamo che i costi esterni diminuiscono del 4% sul valore della produzione mentre i costi del personale dell’1%. Ma in realtà la diminuzione delle % dei costi non sembra dovuta ad una maggiore efficienza, ma ad un aumento del costo dei servizi pagati dai cittadini.
Infatti l’acqua è aumentata del 9,2% dal 2024, ma l’addebito per gli utenti è stato effettuato nel 2025. Inoltre “Le tariffe del Servizio Integrato Rifiuti sono state determinate dai Piani Finanziari dei sub-ambiti tariffari del Bacino Brenta per i Rifiuti, che ha affidato ad ETRA il servizio in regime di tariffa corrispettivo; i Piani Finanziari sono stati calcolati applicando il Metodo Tariffario Rifiuti per il secondo periodo regolatorio MTR-2 aggiornato per le annualità 2024 2025, imposto da ARERA con delibera 389/2023/R/rif del 4 agosto 2023, a copertura dei costi operativi e d’uso del ca pitale sostenuti da ETRA”
«Con le tariffe, peraltro – afferma Antonella Argenti presidente del Bacino Brenta – i cittadini contribuiscono in modo significativo agli investimenti che realizziamo a favore di tutto il territorio. Nel 2023 la Società ha realizzato investimenti per abitante pari a €113. Nel 2024 sono stati €122 che diventeranno €151 nel 2025. Questi consentiranno di risolvere problemi di conferimento o di accessibilità (pensiamo alla realizzazione di centri di raccolta in circolarità, alle piazzole aperte h24 disseminate sul territorio, all’implementazione dell’efficienza degli impianti, al rinnovo del parco mezzi della raccolta alimentati a biometano prodotto dall’Azienda stessa). Il fatto che gli utenti contribuiscono alla realizzazione degli investimenti attraverso la tariffa costituisce un elemento decisivo per capire che tutti siamo corresponsabili del miglioramento del nostro ambiente. La nostra responsabilità come amministratori è di garantire l’efficacia e l’efficienza del servizio».
Insomma è passata la ferrea logica aziendale di avere utile e risorse per investire anche con soldi propri. D’altra parte di debiti in eccesso si muore.
Ecco inoltre la dichiarazione del Presidente Flavio Frasson. “Più di 22 milioni sono stati dedicati agli investimenti per il Servizio Ambientale e quasi 64 milioni per il Servizio Idrico Integrato. Per attuare questi investimenti ETRA ha fatto ricorso al mercato del credito per investimenti attraverso la strutturazione di finanziamenti da parte di stakeholder finanziari diversi, anche istituzionali, come la BEI – Banca Europea per gli Investimenti, che ci ha finanziato direttamente con un’operazione da 100 milioni di euro e durata di 20 anni. Questi investimenti sono possibili grazie alla grande capacità dimostrata dall’azienda nell’intercettare finanziamenti importanti e per la decisione di destinare buona parte delle risorse ricavate dalle tariffe a tale scopo. Questo ha voluto dire che ogni utenza ha contribuito alla realizzazione delle diverse opere programmate. Nel 2023 la quota in bolletta per abitante destinata gli investimenti è stata di € 133. Nel 2024 sono stati € 150 che diventeranno € 164 nel 2025. Le scelte maturate in questi mesi attraverso un confronto serrato e produttivo che ha coinvolto fattivamente differenti soggetti istituzionali e stakeholder, rappresentano un grande valore, oltre che economico, partecipativo”.
Insomma cari cittadini è finito il tempo della presunta Befana e si paga tutto. Il problema è di capire se i soldi sono ben spesi, perché andare in utile aumentando le tariffe è un gioco da ragazzi.

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IL PROGETTO DELL’ANA DELLA NUOVA NAJA E’ UNA PAGLIACCIATA

L’INVADENTE E SUBDOLO MILITARISMO DEGLI ALPINI, SEMPRE IN MARCIA SENZA UN MINIMO DI RIFLESSIONE STORICA
Sgombriamo il campo da qualsiasi fraintendimento. Abbiamo fatto il servizio militare come artigliere da montagna nel 1974/75 a Feltre. Dopo sei anni di intensi studi (laurea e master) non vedevo il momento di avere un anno di riposo facendo una bella attività fisica all’aria aperta come Alpino. Nulla di più sbagliato. Sono stato messo in ufficio. Le esercitazioni erano poi solo di facciata e con i muli. Gli inglesi, durante una esercitazione congiunta, per spostare i cannoni usavano gli elicotteri non certo degli animali. Insomma una situazione da esercito di poveracci infarcita dalla storia del mito del cappello alpino e dalle sfilate con la fanfara. Certo poi alla sera a Feltre si usciva in una cittadina bella ed ospitale e non si rimaneva segregati in caserma. Sarebbe stato meglio una istruzione militare di fine settimana per un certo periodo. In una ottica di difesa del territorio. E poi questa mitologia delle azioni eroiche in guerra per la Patria. Le due guerre mondiali a cui l’Italia ha partecipato non sono state di difesa, ma dichiarate. La prima con la scusa della riunificazione. In realtà i territori abitati da italiani potevano essere annessi tramite trattative diplomatiche. La seconda guerra mondiale fu dichiarata per conquistare territori a seguito dei nazisti. E gli Alpini furono mandati allo sbaraglio e massacrati prima da un certo generale Cadorna e poi dal Mussolini di turno. E gli eroismi poi sono sempre collegati alla uccisione di nemici. Perché la guerra non risparmia nessuno.
Ora da un po’ di tempo si sono intensificate le feste e le sfilate degli Alpini sostenute dall’Ana, di fatto una associazione militarista di ex. Ne abbiamo di paese, di provincia, regionali e nazionali. Ma addirittura a Bassano è arrivato il giuramento nazionale delle nuove reclute, sempre con l’Ana momento organizzativo principale. Di fatto l’Ana è una struttura paramilitare di supporto all’esercito, non certo una associazione con finalità esclusive di azione sociale, un po’ bonaria dedita a gustare il buon vino, come si vuol far credere. Tant’è che l’ultima loro proposta è quella di reintrodurre la naja come momento educativo per i giovani, con grande gioia dei nuovi neofascisti. Facendo finta di non capire che famiglia e scuola sono i veri momenti educativi per i giovani. Non certo la naja.
E facciamo anche una riflessione storica. Con l’inizio della guerra partigiana nel Nord Italia a fine ’43 e l’internamento in Germania di oltre 600.000 soldati che non volevano più combattere con Mussolini, pochi ufficiali alpini reduci dalla terribile esperienza in Russia furono validi comandanti partigiani avendo ben compreso cosa era il fascismo. Ma l’unico vero corpo militare dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana fu la 4° divisione alpina Monterosa con ben 20.000 uomini. Addestrati in Germania furono protagonisti con i tedeschi nell’unico caso in cui gli Alleati furono fatti arretrare. Era il 25 e il 30 dicembre 1944 con l’operazione Wintergewitter.
Il battaglione alpino Bassano, costituito per la maggior parte da giovani veneti, impiegato nella lotta contro i partigiani in Piemonte eccelse per la sua ferocia al pari delle Brigate nere. Tant’è che gli ufficiali poi furono catturati, processati dai partigiani e condannati a morte.
Fino al 27 maggio 2001 chi aveva partecipato alla divisione alpina fascista Monterosa non poteva fregiarsi del titolo di alpino. Poi l’Ana decise, tradendo la Costituzione e l’Italia, con una subdola affermazione che “poiché hanno adempiuto il comune dovere verso la patria (quale patria? n. d. r.), siano considerati Alpini d’Italia”. Un vero e proprio imbroglio morale e storico.
L’Ana se vuol esistere faccia solo bene la sua parte sociale, come tante emerite associazioni di volontariato, senza essere strumento politico di destra, neofascista. E senza introdurre il passo d’oca alle prossime parate.

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Nella foto: schieramento della divisione alpina Monterosa della Repubblica di Salò

RAJASTHAN FAMILY PER CAPIRE UN ALTRO MONDO

ORA BISOGNA ORGANIZZARE IL VIAGGIO RAJASTHAN FAMILY DI AVVENTURE, COME SI FA?
Appena richiesto mi viene subito assegnato il viaggio e per la prima volta scopro che è già completo con 10 iscritti e chiuso. Cioè nessuno può iscriversi. Ma doveva venire anche mia moglie. Non so cosa fare e comunque decido di partire lo stesso, anche da solo. Ma la fortuna è alle porte. Tre partecipanti decidono di cancellarsi. Immediatamente posso iscrivere la moglie. E restano ancora due posti liberi per una coppia.
Intanto avevo cominciato a guardare l’accesso alle informazioni sul viaggio. Sul sito accessibile al coordinatore con viaggio assegnato ci sono tutte le relazioni dei viaggi precedenti. Occorre da lì pescare le giuste informazioni. Comunque l’itinerario è simile per tutti. Si può fare però in senso orario ed antiorario. C’è una agenzia di riferimento di Avventure da contattare per fissare gli hotel, una volta evidentemente costruito l’itinerario. C’è inoltre da scegliere le guide, parlanti possibilmente italiano, per ogni città. In una relazione scopro però che c’è la possibilità di avere una guida per tutto il viaggio, che mi sembrerebbe la cosa migliore. Ed il giudizio su questa guida è buono. La devo contattare e vediamo se restiamo in budget. Perché la cassa comune, escluso il noleggio del bus pagato direttamente da Avventure, è di 550 euro a testa per alberghi, colazione e cena oltre le escursioni, gli ingressi e le mance. D’accordo col gruppo si può sforare, ma non di molto.
Adesso occorre costruire il viaggio giorno per giorno e farlo approvare dai partecipanti. Le principali tappe sono: Delhi, Mathura, Sikandra, Agra, Jaipur, Puskar, Bundi, Updaipur, Jodhpur, Jaisalmer, Bikaner, Mandawa, Delhi.
Il viaggio in totale prevede 17 giorni, quindi una totale immersione nel Rajasthan.

A.M. Referente per Marostica di Avventure nel Mondo. www.viaggiavventurenelmondo.it

Ragazzi e genitori in viaggio col “nonno”

ADESSO COMINCIANO ANCHE I “NONNI” COORDINATORI CON AVVENTURE NEL MONDO. PROSSIMO VIAGGIO: TUTTO RAJASTHAN FAMILY

Compiuti i 18 anni mio figlio non poteva più venire con me nei gruppi Family di Avventure ed io non potevo fare da solo il coordinatore. Però mi piaceva viaggiare con i genitori ed i ragazzi. E volevo continuare a fare il coordinatore family, perché viaggiare con le famiglie aveva il giusto ritmo per me. Così mandai una e-mail al “Gran Capo” Vittorio chiedendogli di istituire una nuova figura: il coordinatore “nonno”, con tanti viaggi da raccontare ai ragazzi oltre la giusta esperienza organizzativa. Vittorio mi rispose ironicamente, quasi come una risata alla proposta. Forse perché lo infastidiva potersi sentire nonno?
La settimana scorsa ricevo da Avventure il cambiamento delle regole per essere coordinatori Family: “L’unico requisito è di avere esperienza e capacità di relazione anche con i nostri piccoli viaggiatori quindi se siete insegnanti, nonni, zii divertenti…fatevi avanti ed inserite la richiesta per uno di questi viaggi.”
Tra l’altro a fronte di una richiesta notevole di viaggi family sono pochi i coordinatori con figli nell’età giusta per viaggiare. E così finalmente si è capito che coordinatori ideali possono essere anche quelli che da una vita fanno i coordinatori e che però un po’ di fiato lo devono tirare. Ecco quindi l’opportunità di ricominciare con ragazzi e genitori, senza figli propri.
Faccio subito la richiesta per “Tutto Rajasthan Family” ed il viaggio mi viene subito assegnato e si chiude con dieci partecipanti, 4 ragazzi e 6 genitori. Partenza il 5 agosto per 17 giorni.
Ora sono al lavoro per preparare il viaggio. Ho come riferimento le accurate relazioni dei viaggi precedenti. Però non posso non avere anche la famosa Lonely Planet, ultima edizione del novembre 2024, da leggere accuratamente.

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NO ALLE PROPOSTE ANTIDEMOCRATICHE DELL’ANA

La mini-leva è una puttanata se gli Alpini non educano ai valori della Resistenza. Tanto per ricordare l’Ana ammise nel 2001 tra gli iscritti gli alpini della Repubblica fascista di Salò. Famoso il Btg Bassano per le sue nefandezze ed i suoi capi furono catturati e fucilati dai partigiani.

UCCISI DAI PARTIGIANI CATTOLICI

CHI ERANO I PARTIGIANI SPIETATAMENTE UCCISI A CONCO DAI GIOVANI PARTIGIANI CATTOLICI IL 30 DICEMBRE 1943? ASSASSINI IGNOBILMENTE ONORATI COME MARTIRI DELLA RESISTENZA DA UNA TARGA NEL CORTILE DEL CASTELLO DI MAROSTICA

Giuseppe Crestani nato a Duisburg il 14 novembre 1907, rientra con la famiglia nel 1919, prendendo residenza a Tortima di Fontanelle di Conco, luogo di nascita dei genitori. Lavora a Biella e Napoli e compie il sevizio militare nei Bersaglieri nel 1927-28. I servizi segreti fascisti cominciano ad interessarsi a lui per le sue idee nel 1933 quando fa il cameriere a Torino. Poi con la scusa di andare a trovare i fratelli rimasti in Germani chiede il passaporto per andare in Francia e poi in Spagna dove si arruola nella Brigata Garibaldi con il grado di tenente. Partecipa alla vittoria di Guadalajara. Successivamente viene anche ferito. Nel 1939 Crestani va in Francia dove finisce in un campo di concentramento di reduci dalla Spagna. Il 27 settembre 1941 fu consegnato agli agenti di polizia italiani. Processato fu condannato a 5 anni di confino a Ventotene. Lì si trovò in compagnia di Curiel, Longo, Pertini, Spinelli, ecc.. Liberato il 29 agosto 1943 tornò a Tortima.
Ferruccio Roiatti, nato vicino a Udine il 24 marzo 1908, bracciante fa il servizio militare presso il Reggimento Cavalleria Aosta, dove maturò una coscienza politica e l’avversione al fascismo. Rientrato a casa nel 1929 cominciò ad operare come comunista nella diffusione della stampa antifascista e alla raccolta di fondi per il “Soccorso Rosso”. Arrestato nel gennaio 1934, veniva condannato ad 8 anni di reclusione ed inviato in carcere a Civitavecchia. Ritornato a Udine nel febbraio 1937 fu posto in regime di libertà vigilata, a cui si sottrasse per cercare di andare a combattere in Spagna. Catturato, finì nel campo di concentramento di Ariano Irpino in provincia di Avellino per finire nel gennaio 1941 alle isole Tremiti, dove rimase fino al 1° settembre 1943. Rientrato in Friuli Roiatti andò subito in montagna con il fratello Pietro costituendo il nucleo originale del futuro Btg. “Friuli”. Fu poi mandato dalla Brigata Garibaldi nel vicentino ed a Valstagna incontrò Tomaso Pontarollo.
Tomaso Pontarollo, nato a Valstagna il 21 dicembre 1905, muratore, fece il soldato nnell’8° Rgt. Artiglieria di Campagna nel 1925-26. Emigrato in Francia come minatore, si arruolò nella Legione straniera e prestò servizio in Marocco ed Algeria. Finì la ferma nel novembre 1932. Si fermò in Algeria lavorando come muratore e venendo in contatto con un gruppo di antifascisti italiani. Rientrò in Italia nel settembre 1935. Il 3 novembre 1936 Pontarollo fu arrestato dalla Questura di Pola con l’accusa di svolgere “attività comunista”. Fu subito mandato nella colonia di Ventotene per un confino di cinque anni. Il 2 novembre 1941 scaduto il periodo di confino e non essendosi ravveduto, divenne internato della Colonia di Ventotene fino al trasferimento nel dicembre 1942 nel campo di concentramento di Pisticci (MT) dove fu liberato il 1° settembre 1943. Tornato a Valstagna venne in contatto subito con “Bepi” Crestani col quale aveva condiviso oltre un anno a Ventotene.
Maschio/Zorzi, il quarto partigiano comunista che si unisce a Crestani, Roiatti e Pontarollo, resta sconosciuto come vera identità, anche se tutti concordano sulla sua origine veneziana, tant’è che è anche ricordato col nome di battaglia di “Venezia”. Sicuramente è un vecchio antifascista deferito anche al Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato.

È evidente che il gruppo di partigiani garibaldini ha una lunga esperienza politica e di lotta e poteva essere molto utile a dei giovani che volevano essere partigiani. Invece vengono da questi ultimi assassinati senza pietà per aver cominciato la Resistenza ai nazi-fascisti e indicando loro la strada dell’azione e non dell’ambigua attesa.
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UN AFFARE DELLA MADONNA?

ECCO LA BOZZA DI CONVENZIONE TRA VOLKSBANK E COMUNE DI MAROSTICA per l’attuazione del Piano di Recupero dell’area denominata “Ex Azzolin”
INTERESSANTE “AFFARE” PER LA BANCA CHE RECUPERA TUTTA LA VOLUMETRIA

“….che il progetto di piano prevede il recupero di una volumetria pari a 24.064,55 mc (a fronte di una volumetria esistente pari a 24.350,95 mc) mediante interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed urbanistica con dotazione di aree pertinenziali private a verde e parcheggio e realizzazione ed asservimento ad uso pubblico di standard a verde e parcheggio, il tutto con attuazione mediante 4 Unità Minime d’Intervento e così come più precisamente negli elaborati di Piano e indicato in sintesi di seguito:
·Edificio residenziale di pregio vincolato – Villa Girardi Azzolin (edificio A): intervento di restauro e risanamento conservativo con conferma della destinazione residenziale esistente per una superficie lorda di pavimento pari a 1675,41 mq / 5897,55 mc di volumetria (U.M.I. 2); ·Edifici testimoniali con destinazione produttiva – Opificio per cappelli e Fornace (edifici B e C): Intervento di ristrutturazione edilizia (esclusa la demolizione con ricostruzione) con cambio di destinazione d’uso residenziale per una superficie lorda di pavimento pari a 55,55 mq / 150,00 mc di volumetria e terziaria (direzionale / commercio / servizi / artigianato di servizio) per una superficie pari a 2649,7 mq / 9.518,82 mc di volumetria (U.M.I. 3);
·Edifici privi di pregio con destinazione residenziale o produttiva – Superfetazioni ed edifici degradanti a destinazione residenziale (edifici A* e F) o fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni (edifici D, E, G): Intervento unitario di sostituzione edilizia con demolizione, trasposizione e concentrazione della volumetria recuperata in nuovo edificio con conferma e cambio di destinazione d’uso residenziale per una superficie lorda di pavimento totale pari a 2.725,44 mq / 8498,20 mc di volumetria (U.M.I. 1)
·Porzioni della cinta muraria storica ‐ Rivellini e Torre – (edifici R e Co) intervento di restauro e risanamento conservativo con realizzazione di percorso pedonale pubblico e parziale cambio d’uso (U.M.I. 3 e 4);
·Realizzazione parcheggio privato interrato per una superficie pari a 1.430,54 mq e verde privato per una superficie pari a 5800,18 mq (U.M.I. 1); ·Realizzazione ed asservimento parcheggio di uso pubblico per una superficie pari a complessivi 945,32 mq di cui 593,09 mq computabili come standard a parcheggio e spazi a verde di uso pubblico per una superficie pari a 614,82 mq (U.M.I. 1).”

Possiamo dire che il recupero ci sembra qualificante per Marostica anche se evidentemente non certo destinato ad edilizia popolare. Valutiamo il valore di vendita totale sui 20-25 milioni di euro.

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I NOMI DEGLI ASSASSINI SCRITTI SULLA LAPIDE DEI “MARTIRI”

LA STORIA RICERCA LA VERITA’ NON LE FALSITA’: IL CASO DEI “QUATTRO MARTIRI” DI MAROSTICA. ED ORA COSA FARA’ IL SINDACO MATTEO MOZZO DELLA TARGA CON GLI ASSASSINI?

Bella ed imbarazzante domanda. E gatta da pelare per il Sindaco Mozzo che deve tutelare un minimo di dignità storica di Marostica.
Per ottanta anni ogni anno si sono commemorati i Quattro Martiri, partigiani fucilati dai nazisti con la collaborazione dei fascisti. Poi si scopre con le ricerche effettuate da un prete e da uno storico che Martiri non sono, ma degli assassini.
Ricapitoliamo la faccenda. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 sembra che per l’Italia la guerra sia finita e quindi tutti a casa a far bisboccia e dimenticare il fascismo. Ma non è così. Perché i tedeschi prendono in mano la situazione, vanno a riprendere Mussolini in “vacanza” sul Gran Sasso e lo mettono a lavorare con i suoi scagnozzi con la benedizione di Hitler. La maggior parte dei soldati che si rifiuta di collaborare con il rinato fascismo viene spedita in Germania per lo più ai lavori forzati (e sono oltre 600.000). Restano i giovani. Alcuni si mettono la camicia nera e vanno a lezione dei fascisti-nazisti. Molti scappano in montagna, in attesa che la guerra finisca e per salvare la pelle. Ma subito capiscono che è una illusione e che devono fare i partigiani. Ovviamente questi giovani nel Veneto sono super cattolici e non hanno esperienza politica se non nell’Azione Cattolica. A Malga Silvagno sopra Conco si ritrova così un bel gruppetto di giovani cattolici che fanno riferimento ad un cosiddetto Comando Militare “Dalla Pozza” di Vicenza alternativo al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e di tendenze badogliane. La situazione poi cambia con l’arrivo alla malga di quattro partigiani veri con alle spalle guerra in Spagna e prigione. È evidente che potrebbero essere il punto di riferimento per combattere nazisti e fascisti. Sanno il mestiere. Ma hanno un problema: sono comunisti e garibaldini. E non sono andati lì in vacanza, ma per agire. Subito fanno fuori due fascisti locali, una spia ed un ufficiale.
A questo punto i “cattolici” decidono di ammazzare i “comunisti”. E lo fanno nel modo più atroce. 12 giorni dopo il delitto c’è il rastrellamento nazi-fascista. Evidentemente il gruppo è indebolito dall’aver perso i migliori combattenti. Quattro partigiani cattolici vengono catturati e fucilati nel cortile del Castello di Marostica. Tre di questi sono gli autori materiali dell’uccisione dei propri compagni partigiani e sono scritti nella lapide come “Martiri”. Un clamoroso falso storico perché sono stati degli assassini. La Storia impone di rimediare e Mozzo ha la responsabilità come Sindaco di togliere quella infamante lapide. A meno che non sia anche lui cattolico- badogliano.

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UN SACERDOTE ANTIFASCISTA E STORICO

MONS. PIERANTONIO GIOS DI ASIAGO CON LO STORICO DE GRANDIS SONO LE PERSONE CHE HANNO RIVELATO L’ASSASSINIO DEI 4 PARTIGIANI COMUNISTI A CONCO DA PARTE DEI PARTIGIANI CATTOLICI ONORATI COME “MARTIRI” DALLA LAPIDE NEL CORTILE DEL CASTELLO DI MAROSTICA. UN FALSO STORICO
………….
Un dato evidente in tutte le occasioni, anche quando sapeva ritagliare aspetti inediti perfino nella consolidata agiografia di san Gregorio Barbarigo, ma soprattutto nelle pubblicazioni dedicate alla resistenza sull’Altopiano di Asiago.
«Puntuali ricerche – scrive Liliana Billanovich – compiute da Gios su vicende resistenziali scabrose e controverse (a partire da quella riguardante il gruppo partigiano di Fontanelle di Conco) hanno portato a ricostruzioni e narrazioni storiche che hanno suscitato, da parte di gelosi custodi istituzionali della memoria partigiana, polemiche e contestazioni, da leggersi anche sullo sfondo di contrapposizioni radicate nella storia passata e ancora operanti nei vissuti di protagonisti o eredi dei tragici eventi di quella guerra civile che divise le popolazioni dell’Altipiano».
Le polemiche non l’hanno spaventato «convinto altresì di condurre una battaglia di alto valore etico-civile, pure al fine di favorire forme di pacificazione, non certo affidate alla fittizia costruzione di una “memoria condivisa” o a revisionismi alteranti i termini del conflitto allora consumatosi, bensì fondate sul comune riconoscimento di una verità ricostruita e spiegata in modo attendibile, premessa per oneste e rasserenanti ammissioni di responsabilità, così da far spazio al superamento delle laceranti divisioni derivate dai fatti cruenti del passato, lasciando alle spalle gli strascichi di odi e rancori».
Il tutto nel quadro del concetto che mons. Gios aveva del mestiere di storico come servizio alla verità, non disgiunto dal servizio, di essenziale importanza, alla chiesa, «non nella prospettiva di concorrere a celebrare, difendere o esaltare l’istituzione cattolica, bensì nell’intento onesto e sincero di ricercare e accertare la verità storica qualunque essa fosse».
Un atteggiamento che le rivelava il prete fortemente imbevuto di spirito conciliare «per la convinta adesione a quello che può esser ritenuto l’elemento portante del nuovo corso imboccato dalla chiesa conciliare, ossia il mutato approccio verso la storia, con la conseguente attenzione ai “segni dei tempi” e la riconsiderazione dei processi della modernità, con la rilettura del vangelo in rapporto alla concretezza delle situazioni umane, sociali, culturali del presente, ovvero la sua ri-comprensione alla luce della realtà storica contemporanea».
Lorenzo Brunazzo
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