ECCO LA BOZZA DI CONVENZIONE TRA VOLKSBANK E COMUNE DI MAROSTICA per l’attuazione del Piano di Recupero dell’area denominata “Ex Azzolin” INTERESSANTE “AFFARE” PER LA BANCA CHE RECUPERA TUTTA LA VOLUMETRIA
“….che il progetto di piano prevede il recupero di una volumetria pari a 24.064,55 mc (a fronte di una volumetria esistente pari a 24.350,95 mc) mediante interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed urbanistica con dotazione di aree pertinenziali private a verde e parcheggio e realizzazione ed asservimento ad uso pubblico di standard a verde e parcheggio, il tutto con attuazione mediante 4 Unità Minime d’Intervento e così come più precisamente negli elaborati di Piano e indicato in sintesi di seguito: ·Edificio residenziale di pregio vincolato – Villa Girardi Azzolin (edificio A): intervento di restauro e risanamento conservativo con conferma della destinazione residenziale esistente per una superficie lorda di pavimento pari a 1675,41 mq / 5897,55 mc di volumetria (U.M.I. 2); ·Edifici testimoniali con destinazione produttiva – Opificio per cappelli e Fornace (edifici B e C): Intervento di ristrutturazione edilizia (esclusa la demolizione con ricostruzione) con cambio di destinazione d’uso residenziale per una superficie lorda di pavimento pari a 55,55 mq / 150,00 mc di volumetria e terziaria (direzionale / commercio / servizi / artigianato di servizio) per una superficie pari a 2649,7 mq / 9.518,82 mc di volumetria (U.M.I. 3); ·Edifici privi di pregio con destinazione residenziale o produttiva – Superfetazioni ed edifici degradanti a destinazione residenziale (edifici A* e F) o fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni (edifici D, E, G): Intervento unitario di sostituzione edilizia con demolizione, trasposizione e concentrazione della volumetria recuperata in nuovo edificio con conferma e cambio di destinazione d’uso residenziale per una superficie lorda di pavimento totale pari a 2.725,44 mq / 8498,20 mc di volumetria (U.M.I. 1) ·Porzioni della cinta muraria storica ‐ Rivellini e Torre – (edifici R e Co) intervento di restauro e risanamento conservativo con realizzazione di percorso pedonale pubblico e parziale cambio d’uso (U.M.I. 3 e 4); ·Realizzazione parcheggio privato interrato per una superficie pari a 1.430,54 mq e verde privato per una superficie pari a 5800,18 mq (U.M.I. 1); ·Realizzazione ed asservimento parcheggio di uso pubblico per una superficie pari a complessivi 945,32 mq di cui 593,09 mq computabili come standard a parcheggio e spazi a verde di uso pubblico per una superficie pari a 614,82 mq (U.M.I. 1).”
Possiamo dire che il recupero ci sembra qualificante per Marostica anche se evidentemente non certo destinato ad edilizia popolare. Valutiamo il valore di vendita totale sui 20-25 milioni di euro.
LA STORIA RICERCA LA VERITA’ NON LE FALSITA’: IL CASO DEI “QUATTRO MARTIRI” DI MAROSTICA. ED ORA COSA FARA’ IL SINDACO MATTEO MOZZO DELLA TARGA CON GLI ASSASSINI?
Bella ed imbarazzante domanda. E gatta da pelare per il Sindaco Mozzo che deve tutelare un minimo di dignità storica di Marostica. Per ottanta anni ogni anno si sono commemorati i Quattro Martiri, partigiani fucilati dai nazisti con la collaborazione dei fascisti. Poi si scopre con le ricerche effettuate da un prete e da uno storico che Martiri non sono, ma degli assassini. Ricapitoliamo la faccenda. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 sembra che per l’Italia la guerra sia finita e quindi tutti a casa a far bisboccia e dimenticare il fascismo. Ma non è così. Perché i tedeschi prendono in mano la situazione, vanno a riprendere Mussolini in “vacanza” sul Gran Sasso e lo mettono a lavorare con i suoi scagnozzi con la benedizione di Hitler. La maggior parte dei soldati che si rifiuta di collaborare con il rinato fascismo viene spedita in Germania per lo più ai lavori forzati (e sono oltre 600.000). Restano i giovani. Alcuni si mettono la camicia nera e vanno a lezione dei fascisti-nazisti. Molti scappano in montagna, in attesa che la guerra finisca e per salvare la pelle. Ma subito capiscono che è una illusione e che devono fare i partigiani. Ovviamente questi giovani nel Veneto sono super cattolici e non hanno esperienza politica se non nell’Azione Cattolica. A Malga Silvagno sopra Conco si ritrova così un bel gruppetto di giovani cattolici che fanno riferimento ad un cosiddetto Comando Militare “Dalla Pozza” di Vicenza alternativo al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e di tendenze badogliane. La situazione poi cambia con l’arrivo alla malga di quattro partigiani veri con alle spalle guerra in Spagna e prigione. È evidente che potrebbero essere il punto di riferimento per combattere nazisti e fascisti. Sanno il mestiere. Ma hanno un problema: sono comunisti e garibaldini. E non sono andati lì in vacanza, ma per agire. Subito fanno fuori due fascisti locali, una spia ed un ufficiale. A questo punto i “cattolici” decidono di ammazzare i “comunisti”. E lo fanno nel modo più atroce. 12 giorni dopo il delitto c’è il rastrellamento nazi-fascista. Evidentemente il gruppo è indebolito dall’aver perso i migliori combattenti. Quattro partigiani cattolici vengono catturati e fucilati nel cortile del Castello di Marostica. Tre di questi sono gli autori materiali dell’uccisione dei propri compagni partigiani e sono scritti nella lapide come “Martiri”. Un clamoroso falso storico perché sono stati degli assassini. La Storia impone di rimediare e Mozzo ha la responsabilità come Sindaco di togliere quella infamante lapide. A meno che non sia anche lui cattolico- badogliano.
MONS. PIERANTONIO GIOS DI ASIAGO CON LO STORICO DE GRANDIS SONO LE PERSONE CHE HANNO RIVELATO L’ASSASSINIO DEI 4 PARTIGIANI COMUNISTI A CONCO DA PARTE DEI PARTIGIANI CATTOLICI ONORATI COME “MARTIRI” DALLA LAPIDE NEL CORTILE DEL CASTELLO DI MAROSTICA. UN FALSO STORICO …………. Un dato evidente in tutte le occasioni, anche quando sapeva ritagliare aspetti inediti perfino nella consolidata agiografia di san Gregorio Barbarigo, ma soprattutto nelle pubblicazioni dedicate alla resistenza sull’Altopiano di Asiago. «Puntuali ricerche – scrive Liliana Billanovich – compiute da Gios su vicende resistenziali scabrose e controverse (a partire da quella riguardante il gruppo partigiano di Fontanelle di Conco) hanno portato a ricostruzioni e narrazioni storiche che hanno suscitato, da parte di gelosi custodi istituzionali della memoria partigiana, polemiche e contestazioni, da leggersi anche sullo sfondo di contrapposizioni radicate nella storia passata e ancora operanti nei vissuti di protagonisti o eredi dei tragici eventi di quella guerra civile che divise le popolazioni dell’Altipiano». Le polemiche non l’hanno spaventato «convinto altresì di condurre una battaglia di alto valore etico-civile, pure al fine di favorire forme di pacificazione, non certo affidate alla fittizia costruzione di una “memoria condivisa” o a revisionismi alteranti i termini del conflitto allora consumatosi, bensì fondate sul comune riconoscimento di una verità ricostruita e spiegata in modo attendibile, premessa per oneste e rasserenanti ammissioni di responsabilità, così da far spazio al superamento delle laceranti divisioni derivate dai fatti cruenti del passato, lasciando alle spalle gli strascichi di odi e rancori». Il tutto nel quadro del concetto che mons. Gios aveva del mestiere di storico come servizio alla verità, non disgiunto dal servizio, di essenziale importanza, alla chiesa, «non nella prospettiva di concorrere a celebrare, difendere o esaltare l’istituzione cattolica, bensì nell’intento onesto e sincero di ricercare e accertare la verità storica qualunque essa fosse». Un atteggiamento che le rivelava il prete fortemente imbevuto di spirito conciliare «per la convinta adesione a quello che può esser ritenuto l’elemento portante del nuovo corso imboccato dalla chiesa conciliare, ossia il mutato approccio verso la storia, con la conseguente attenzione ai “segni dei tempi” e la riconsiderazione dei processi della modernità, con la rilettura del vangelo in rapporto alla concretezza delle situazioni umane, sociali, culturali del presente, ovvero la sua ri-comprensione alla luce della realtà storica contemporanea». Lorenzo Brunazzo Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
MA È SOLO LUIGI SCOMAZZON IL RESPONSABILE DEL BUCO DELLA COOPERATIVA CONSUMATORI DI MAROSTICA?
Non raccontiamoci fregnacce. Siamo rimasti senza parole al discorso incredibile e fuori tempo dell’ex Presidente della Coop Consumatori all’ultima assemblea di bilancio. Un invito “fraterno” alla collaborazione dei dipendenti, senza alcun riferimento a proposte pratiche per salvare la cooperativa. Eppure fu lui a porre tutte le barriere possibili ai cambiamenti necessari oltre 10 anni fa in Coop. Fanatico della logica del mattone. A creare i presupposti di una difficoltà economica evidente da tre anni senza che gli amministratori attuali si diano una mossa per affrontare il problema dei costi. Perché prima sono stati anche loro ad avallare le decisioni di Scomazzon. Certo il nuovo Presidente si è parato invitando in assemblea il vice di Coop Adriatica 3.0. Non si sa mai cosa potrebbe essere il futuro. Magari un assorbimento di Coop Marostica nella grande cooperativa. Dato che gli amministratori non sembrano avere altre proposte. Come si è potuto fare un investimento di oltre 5 milioni di euro, quasi tutto a debito, senza sapere dove si andava a parare? Con un mercato in forte cambiamento e con una agguerrita concorrenza. Anche all’ultima assemblea non è stato presentato alcun prospetto del punto di pareggio della Coop. Cioè a che fatturato con gli attuali costi la Coop comincia a guadagnare. E noi ci siamo messi a tavolino per calcolarlo. E ci risulta che con gli attuali costi fissi il fatturato minimo per pareggiare i conti è intorno ai 35 milioni, rispetto agli attuali 27. Un aumento di fatturato del 30%. È realizzabile? Certo c’è anche l’alternativa di riportare i costi del personale dal 13,5% sul fatturato al 10%, come gli altri supermercati in zona. Quando ne abbiamo parlato in assemblea è sembrato che volessimo essere dei negrieri, violando i diritti delle persone. Meglio fallire che toccare il personale. Ma con che amministratori stiamo parlando? Si sentono realmente responsabili? Si tratta invece di organizzarsi in maniera diversa usando al massimo anche le nuove tecnologie e la fattiva collaborazione dei Soci.
LA COOP CONSUMATORI DI MAROSTICA NON HA SCELTA: FEROCE GUERRA COMMERCIALE AI SUPERMERCATI DELLA SPECULAZIONE E DELLE MULTINAZIONALI ESTERE Siamo appena rientrati dall’assemblea di bilancio della Coop Consumatori e come facilmente prevedibile il bilancio 2024 registra una perdita di 387.764 euro, simile all’anno precedente. Il totale delle perdite degli ultimi tre anni ammonta a 1.344.000 euro. Una grossa cifra che non sembra fermarsi erodendo il patrimonio che ora ammonta a 4.049.751 euro, con una diminuzione pari al 25%. Evidentemente l’investimento del nuovo supermercato a Breganze, fatto con soldi a debito, non ha portato lo sviluppo di fatturato desiderato. Anzi sta inchiodando la cooperativa. Anche perché è arrivato il nuovo giga Famila, frutto dell’accordo tra Bucco, Mozzo & C. e la proprietà di Famila. Tu mi dai lo spazio ex A&O per il magazzino Pro Marostica ed io ti do la possibilità del nuovo supermercato. Un accordo puramente affaristico ed in assenza di un dialogo con Coop che avrebbe allora avuto uno spazio per la Pro. Evidente colpa dell’arrogante presidente di allora della cooperativa che credeva di operare senza alcun legame con la realtà locale ed eliminando ogni dissenso in consiglio di amministrazione. E tra l’altro c’era un accordo tacito con le amministrazioni precedenti alla Lega di non concedere ulteriore spazio a Marostica per punti vendita superiori ai 1.000 metri quadri. Cosa può fare ora Coop per non perdere il proprio patrimonio ripianando ogni anno le perdite? E ricordiamo che il patrimonio è della Comunità di Marostica non certo di particolari investitori. Deve valorizzare le sue proprie caratteristiche, oltre che ovviamente sviluppare nuove opportunità come la propria cucina con piatti pronti, iniziativa che sta riscontrando il favore dei clienti. Siccome il problema del costo del personale è uno dei punti critici, la Coop deve ritornare alle origini quando le cooperative erano gestite direttamente dai Soci senza il costo del personale, puntando sulla assoluta convenienza dei prezzi. Ora la Coop di Marostica si trova un Consiglio di amministrazione fatto per la maggioranza da pensionati, che hanno grande disponibilità di tempo. Ma lì non servono, scaldano spesso solo la sedia. Occorre creare invece una Associazione di Soci della cooperativa disponibili a fare volontariato nella cooperativa con funzione di supporto nei vari settori. Ovviamente pescando nella moltitudine di pensionati Soci che possono dedicare meno tempo all’orto per dare una mano alla Coop, gratuitamente o con un minimo rimborso spese. E avendo inoltre una grande possibilità di socializzare con i loro coetanei ed il personale. In questo modo si abbatterebbero i costi, si renderebbe la Coop più partecipata e si avrebbero i prodotti venduti ai Soci estremamente convenienti e competitivi con i concorrenti, riprendendo lo sviluppo della Coop con anche ovviamente nuove iniziative nell’ambito sociale.
LA “PARTIGIANA” MAROSTICENSE ZAIRA MENEGHIN CONOSCEVA LA VICENDA DELL’ASSASSINIO DEI PARTIGIANI COMUNISTI DI CONCO, MA RIMASE ZITTA
E alla Meneghin è addirittura intitolata la sezione Anpi di Marostica, incredibile. Perché se prendiamo il resoconto che lei fa e pubblicato il 21 aprile 2020 “Quattro ragazzi nella Resistenza” in cui racconta la vicenda del gruppo di partigiani di Fontanelle di Conco, esalta i cosi detti Quattro Martiri, di cui c’è la lapide nel cortile del Castello Inferiore. In realtà tre sono gli esecutori materiali dell’assassinio dei quattro comunisti del gruppo essi sono: Giovanni Rossi, Luigi Nadari e Decimo Vaccari. I quattro comunisti uccisi Crestani, Roiatti, Pontarollo e “Zorzi”, sono stati mandati dal comandante della Brigata Garibaldi per organizzare la Resistenza sull’Altopiano di Asiago e sono degli eroi che hanno combattuto in Spagna contro Franco ed hanno fatto la galera come antifascisti. E vengono eliminati brutalmente dal restante gruppo quasi apolitico, ma profondamente cattolico, perché agiscono da protagonisti della Resistenza eliminando subito una spia fascista ed un ufficiale della Repubblica di Salò. Successivamente vengono anche trattati da delinquenti e dimenticati. E la Meneghin nel suo scritto non parla della vicenda. Ma la conosceva benissimo perché era la staffetta partigiana tra il gruppo di Fontanelle di Conco ed il Centro organizzativo di Vicenza. Un silenzio omertoso per nascondere una orribile e disonorevole vicenda. Perché i partigiani uccisi potevano senza dubbio contribuire con la loro esperienza a salvare il gruppo dal rastrellamento fascista che avvenne una decina di giorni dopo l’omicidio.
PER ORNELLA MINUZZO, PSICOLOGA DI MAROSTICA, L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CI COMANDERA’ CON I SUOI CAPI SE….. Mercoledì 30 aprile presso la Biblioteca Comunale si è svolta una serata promossa dall’Associazione Psicologi di Marostica e dall’UCIIM dedicata all’AI Intelligenza Artificiale. Nella prima parte Ornella Minuzzo ha invitato a riflettere in merito al fatto che sta accadendo per la prima volta nella storia che l’uomo stia interagendo con delle macchine “pensanti” e da tutto ciò nascono pensieri e attenzioni del tutto nuovi e inconsueti. Fino ad ora si consideravano dotati di pensiero e capaci di dialogo solo gli esseri umani, ma ora di fronte a questi artefatti come dobbiamo porci? Queste entità potrebbero modificare il nostro modo di pensare? In realtà non abbiamo ancora le idee sufficientemente chiare su cosa sia il pensiero e in particolare come potrebbe essere un pensiero non umano per cui interagire con queste macchine, così simili ma anche così diverse da noi, ci potrebbe offrire l’opportunità di comprendere più a fondo cosa caratterizza il nostro modo di pensare e infine noi stessi come esseri umani. Ma l’interazione con l’IA peggiorerà le nostre abilità cognitive? Attualmente è possibile delegare ai sistemi di Intelligenza Artificiale anche attività molto complesse, fino ad ora considerate esclusive degli esseri umani perché richiedono l’intelligenza per essere realizzate e questo può creare preoccupazione. Naturalmente potrebbe diventare fonte di criticità se ciò avvenisse non solo per risolvere problemi specifici, ma delegando in modo sistematico il pensiero a sistemi artificiali. Quel che è certo l’IA avrà un ruolo cruciale nella trasformazione del mercato del lavoro: nel 2025, oltre il 72% delle aziende utilizza l’IA generativa in almeno una funzione aziendale. Entro il 2027, l’IA potrebbe automatizzare il 25% delle mansioni lavorative nelle economie avanzate. Nel 2024, il 40% dei lavori globali era già esposto all’IA, con una percentuale che sale al 60% nelle economie avanzate. Secondo gli analisti, le professioni a rischio sostituzione nei prossimi dieci anni sono quelle «intellettuali automatizzabili» come ad esempio matematici, contabili, tecnici della gestione finanziaria, tecnici statistici, esperti in calligrafia, economi e tesorieri. Ciò che dovremmo proporci di evitare non è tanto lo scenario distopico in cui le intelligenze artificiali assoggettano quelle naturali rendendoci stupidi quanto la situazione più probabile in cui la tecnologia potrebbe operare da amplificatore delle differenze. E’ lo scenario in cui alcuni esseri umani in grado di governare la tecnologia diventano sempre più efficaci, efficienti e intelligenti assoggettando gli altri che sono a rischio di stupidità e vanno a costituire “la classe degli inutili” Realizzare scenari positivi per tutti senza amplificare le differenze è la grande sfida del futuro. Per affrontare queste sfide, sarà fondamentale: Investire nella formazione continua e nell’aggiornamento delle competenze, Sviluppare sia competenze tecniche che umane (pensiero creativo, resilienza, flessibilità), Promuovere la collaborazione tra settore pubblico e privato per gestire la transizione, Adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e alle nuove richieste del mercato. Nella seconda parte Pierantonio Garlini, esperto informatico, ha spiegato come è possibile utilizzare l’Intelligenza Artificiale in vari contesti con esempi pratici. Infatti ha presentato una Intelligenza Artificiale generativa e non solo per cui ha fatto vedere al computer una serie di esempi pratici che hanno suscitato nel pubblico emozione e soprattutto domande sulle reali potenzialità dell’Intelligenza artificiale e delle sue risposte verso quesiti reali. Un esempio, tra gli altri, è stato quello che Garlini ha presentato ai presenti su una generazione di una poesia d’amore ispirata ad Alda Merini. Ottima, molto somigliante, ma originale. O quando nella Intelligenza Artificiale generativa ha caricato un file di excel che presentava uno stato patrimoniale di clienti di Commercialisti e poi gli stessi commercialisti assististi da Garlini, quando hanno chiesto all’intelligenza Artificiale di generare un nuovo Stato Patrimoniale relativo ad un nuovo cliente, sono rimasti meravigliati per la precisione con cui l’ AI ha generato il file. Infine è stata generata graficamente una sedia moderna con le indicazioni per costruirla. La conferenza proseguirà il 14 Maggio 2025 ore 20.00 presso Biblioteca di Marostica per il seguito di questa interessante avventura sull’ intelligenza artificiale.
ABBIAMO RINTRACCIATO L’OMERTOSA RELAZIONE DEL PROF. LENCI. I NOMI DEGLI ASSASSINI SONO SCRITTI NELLA LAPIDE COMMEMORATIVA NEL CORTILE DEL CASTELLO INFERIORE DI MAROSTICA E SPACCIATI PER MARTIRI DELLA RESISTENZA
Malga Silvagno, 6 ottobre 2024. Orazione del prof. Angiolo Lenci.
9Vorrei innanzi tutto rivolgere un saluto a tutti voi che siete convenuti a Malga Silvagno per questa annuale commemorazione. In particolare poi alle autorità, sindaci, assessori, rappresentanti di varie associazioni tra cui ovviamente l’ANPI e mi scuso se non cito tutti quanti singolarmente… Mi sento particolarmente onorato di questo incarico in quanto pro vengo da una famiglia di partigiani da parte di padre, ma anche un po’ turbato per la natura stessa dell’eccidio quasi fratricida. Questo episodio, questa tragedia, avviene alla fine del 1943 che ave va visto l’invasione alleata dell’Italia, la caduta del fascismo il 25 luglio, il dissolvimento del Regio Esercito l’8 settembre e la riorganizzazione dei fascisti nella Repubblica Sociale Italiana come collaborazionisti dei nazi sti. Dopo disperati tentativi di opposizione armata ai tedeschi da parte dei reparti italiani, lasciati dal re e da Badoglio senza ordini e allo sban do, di fatto la resistenza si stava organizzando sulle montagne e all’inter no delle città. Gli ultimi mesi del 1943 sono quindi un periodo di estrema confusione con gli alleati che stentano a risalire la nostra penisola fron teggiati dai tedeschi, i fascisti che usciti dal trauma del 25 luglio si mo strano sempre più aggressivi, la popolazione italiana che spera che tutto finisca al più presto ed arrivi la pace…. In questo contesto ritroviamo giovani che cercano di sfuggire al ban do Graziani del 9 novembre 1943 di richiamo alle armi, gruppi di militari sbandati che vogliono evitare un nuovo arruolamento o la deportazione in Germania e attivisti politici dei partiti usciti allo scoperto dopo ven t’anni di dittatura. La resistenza, quindi, è praticamente in embrione sebbene esista già un CLN formato da partiti politici ma con il governo Badoglio a parte: i 1 gruppi di combattenti che si identificheranno come partigiani o meglio dovrebbero essere definiti patrioti (termine scippato come tanti altri dalla destra estremista ai movimenti democratici e progressisti) sono isolati, poco organizzati, male armati, senza piani strategici e ancora con una in completa direzione centrale politica unitaria. È un periodo di estremo spontaneismo. L’eccidio dei quattro partigiani comunisti da parte di altri partigiani di non ben definita matrice politica è da collocarsi in questo confuso mo mento storico. I fatti ormai sembrano abbastanza chiari, grazie a conve gni, ricerche storiche tra le quali spiccano quelle di don Gios, che ci ha la sciato dieci anni fa e che mi piace ricordare come sacerdote, storico e ap passionato montanaro, di De Grandis con il suo meticoloso libro e poi il contributo di altri studiosi. Quattro partigiani comunisti si erano uniti nell’autunno del ’43 ad una formazione composta prevalentemente da giovani di estrazione catto lica e guidati da elementi anche definiti approssimativamente badogliani (ricordo per paradosso che i tedeschi definivano genericamente tutti i partigiani comunisti-badogliani oltre che banditi e ribelli). È una delle prime formazioni partigiane del Vicentino composta da elementi di pro venienza dei paesi qui attorno e della zona pedemontana a cui si stavano unendo altri partigiani di altre località. È indicato come “distaccamento Monte Grappa” ma più noto come il gruppo di Fontanelle di Conco. I quattro partigiani comunisti che si uniscono a questo gruppo nel l’ottobre-novembre sono: Tommaso Pontarollo “Coarossa – Masetti” (classe 1905). Nato a Valstagna, ebbe una vita avventurosa all’estero (minatore, legione stranie ra..) tornato in Italia nel 1935 e già comunista viene spedito al confino e in campo di concentramento da cui uscirà nel settembre del 1943 per tor nare a Valstagna. 2 Zorzi “Pirro – Maschio”. Difficile per lui l’identità e la biografia. Si tratta di un veneziano, comunista e che si unì al gruppo in data impreci sata. Giuseppe Crestani “Bepi – Stizza” (classe 1907). Nato a Duisburg, era rientrato con la famiglia a Tortima al termine della prima guerra mondiale. Anche lui aveva soggiornato all’estero, aveva combattuto in Spagna nelle brigate Garibaldi, era tornato in Italia, arrestato e liberato dopo il 25 luglio e tornato a casa, Tortima. Ferruccio Roiatti “Spartaco” (classe 1908). Nato a Cussignacco (Udine), divenne presto comunista, arrestato già nel 1933, fu processato, incarcerato e in fuga più volte e in più luoghi e infine, libero, si era unito al gruppo di comunisti. Si tratta quindi uomini adulti, con trascorsi in clandestinità, di lotta politica e alcuni anche di esperienza militare… preziosi nel contesto di or ganizzazione della guerra partigiana. Sottolineo che anche il Partito Comunista stava attraversando un pe riodo complicato e di riorganizzazione dopo una lunga clandestinità. Buona parte dei dirigenti si trovavano ancora in URSS o erano appena usciti dalle galere fasciste. Nel maggio del ’43 si era sciolto il Comintern (III internazionale) su volere di Stalin e al PCd’I, sezione italiana, era su bentrato il PCI. La volontà dei sovietici, in questa fase storica era quella che i comunisti collaborassero alla liberazione d’Europa con tutti gli allea ti e altri partiti democratici. La svolta di Salerno sarebbe arrivata solo nel la primavera del ’44 con il ritorno di Togliatti, a cui seguirà la formazione di un nuovo governo (II Badoglio) con dentro tutti i partiti che saranno nell’arco costituzionale. Tutto questo, nel ’43, era però in fase di evoluzio ne e di grande confusione: in Italia c’è ancora il primo governo Badoglio che all’indomani della caduta del fascismo aveva già fatto sparare sulla popolazione esultante provocando ottantatré morti e centinaia di feriti. In sostanza non c’erano ancora accordi politici chiari. Badoglio dichiarò guerra alla Germania solo il 13 ottobre, a più di un mese dall’8 settembre. 3 Nel 1943 non era ancora chiara l’alleanza tra badogliani e le altre forze politiche e nel CLN il rapporto con la monarchia era fonte di scontro. I quattro cercano di imprimere una forma di lotta più attiva contro i fascisti e presto giustizieranno Alfonso Caneva, considerato un delatore, e Antonio Faggion, ufficiale della neonata G.N.R., per imprimere un carat tere più attivo alla formazione. Queste due azioni che spaventeranno i moderati della formazione, contrasti politici e sulla condotta della guerriglia, saranno alla base della loro esecuzione fagocitata da elementi di militari badogliani del vicentino che si trovavano in una specie di limbo in attesa di vedere come si svilup pava la situazione. Il 30 dicembre, temendo un ulteriore arrivo di altri partigiani comunisti di rinforzo, i quattro vengono infatti trucidati da al cuni giovani del loro stesso distaccamento e fagocitati da elementi esterni. Non entro nei particolari degli avvenimenti e nei dettagli delle responsa bilità per esigenze di tempo e rimando ai contributi e alla bibliografia che ho citato per approfondimenti. Due di loro, Pontarollo e Zorzi, subiscono anche un pesante interro gatorio prima di essere assassinati qui in questa Malga, gli altri due, Cre stani e Roiatti, saranno mitragliati sul sentiero che porta alla malga e i loro cadaveri buttanti nella busa del ghiaccio, una specie di foiba vicino al luogo dove erano stati uccisi. I contrasti verbali che si erano avuti all’in terno del gruppo si trasformeranno quindi in una feroce resa dei conti. La motivazione di questi omicidi è puramente politica e persino reli giosa, con connotati di possibile infiltrazione fascista nella formazione stessa: in sostanza non si vuole che elementi comunisti possano assumere una posizione di rilievo in questa unità combattente. Lo stesso distaccamento che li aveva massacrati verrà qualche giorno dopo disperso da un rastrellamento e alcuni degli stessi esecutori del de litto verranno a loro volta uccisi dai fascisti. Gli stessi assassini verranno quindi a loro volta uccisi poco dopo in una sorta di contrappasso. 4 Va quindi sottolineato che questi quattro partigiani erano comunisti: i giovanissimi (sedici/vent’anni) che li uccidono sembrano politicamente confusi ed educati nel clima clerico-fascista del ventennio e facile preda di cattivi maestri. L’idea che questi giovani, in maggior parte cattolici osser vanti, avevano dei comunisti era probabilmente loro stata inculcata già precedentemente come di feroci anticristi e la propaganda aveva in effetti facile presa nel fagocitarli (ricordo per inciso che già la comune di Parigi del 1871 si era inaugurata con la fucilazione del vescovo di Parigi e che nella recente guerra di Spagna erano stati ammazzati dai rossi tredici ve scovi, più di quattromila preti, centinaia di suore… e così via). E, anche se i colpevoli il più delle volte erano stati anticlericali radicali e anarchici e non i comunisti, era facile fare di tutta l’erba un fascio. Al tempo c’era la Chiesa di Pio XII e prima quella di Pio XI che, tra l’altro, aveva rinnegato il PPI, accettato un ridimensionamento delle associazioni cattoliche e chiamato Mussolini uomo della Provvidenza. Non era certo la Chiesa evangelica ed ecumenica di Giovanni XXIII e dei suoi successori. Sarà an che la Chiesa che scomunicherà i comunisti nel 1949. Insomma una Chie sa tradizionalista e in seguito anti conciliare che piace tanto ancora oggi a quelli che si proclamano tanto religiosi in pubblico ma che in privato spesso razzolano male. Tutto questo non giustifica affatto il brutale assassinio ma serve a cercare il movente nel clima di diffidenza e ostilità verso questi quattro comunisti che stavano coinvolgendo il gruppo in una vera e propria guer ra, anziché limitarsi ad un antifascismo moderato e di facciata. L’aspetto più sconcertante della vicenda è dato inoltre dall’insabbia tura per anni dell’avvenimento da parte degli stessi comunisti e partigiani che probabilmente non volevano riaprire vecchie ferite e polemiche tra partigiani stessi e tra le forze politiche. Si deve quindi anche all’insistenza di coloro che si sono spesi per ricordare anche questa pagina nera della Resistenza a cominciare da Don Gios, oltre al De Grandis, se da diversi anni ormai si cerca di rimediare a questa omissione della storia. È questo il motivo per cui siamo qui oggi: ricordare e commemorare questi quattro 5 uomini vittime di un tradimento efferato e a lungo dimenticati come membri stessi della resistenza. Vorrei però proporre un argomento che ci riporta alla resistenza e alla dinamica della guerra partigiana nel suo complesso. La natura stessa della guerra partigiana e della guerriglia è in parte il frutto avvelenato di questo brutale episodio. Noi abbiamo un’idea romantica del partigiano, del guerrigliero, del ribelle sulla montagna… in realtà questa tipologia di conflitto è uno dei più difficili, complessi e feroci che ci possa essere anche per le implicazio ni politiche, sociali, etniche e persino religiose e di faide familiari che ge neralmente si porta dietro. Molto spesso coincide con una guerra civile o con l’intervento armato di paesi stranieri come è stato durante la nostra resistenza. La guerriglia come la intendiamo noi consiste nell’attaccare con pic coli distaccamenti di elementi irregolari truppe nemiche che dispongono di mezzi militari superiori. È una classica guerra asimmetrica anche se, da dopo la seconda guerra mondiale, rientra in un contesto tecnico che ri guarda molti corpi speciali di eserciti tradizionali addestrati ad hoc. È una dirty war, una guerra sporca, fatta di imboscate, di incursioni rapide e altrettanto rapide ritirate, di azioni terroristiche, di fucilazioni, di uccisioni brutali e vere e proprie esecuzioni di elementi ostili alla causa, di fame, di malattie difficili da curare in mezzo a monti, deserti, giungle, di condizioni climatiche spesso estreme, di rappresaglie verso la popola zione civile, di cattura di ostaggi, di uccisione di prigionieri, di faide fami liari, di lotte intestine pure tra membri di una stessa famiglia, di sospetti anche verso il compagno che ti sta accanto, di tradimenti, di tradimenti come quello che stiamo ricordando oggi. Spesso puoi essere denunciato per motivi personali anche dal vicino di casa, da un’amante tradito, da un parente che vuole la tua eredità, da qualcuno che ti odia per i più svariati motivi. 6 È una tipologia di guerra che vede coinvolta in gran misura la popo lazione civile (l’acqua in cui nuotano i pesci-guerriglieri secondo un afori sma di Mao Tze Tung) popolazione che subisce persecuzioni e massacri. E senza l’appoggio della popolazione la guerriglia è destinata al fallimento. Proprio il rapporto con la popolazione civile è il nodo più delicato e lo ve diamo anche oggi in Palestina ad esempio. oggi ci sono due guerre: in Ucraina una guerra convenzionale con decine di migliaia di perdite mili tari e solo, scusate il cinismo proprio dello storico, qualche migliaio di ci vili in 2 anni e mezzo, un rapporto quasi a livello di prima guerra mondia le; dall’altra una guerra asimmetrica con 43 mila morti tra cui migliaia di bambini in un anno domani, guerra nella quale non si distingue il com battente dal civile. Il mondo occidentale inoltre è avulso nelle sue tradizioni militari dal la guerra di guerriglia. A differenza dell’Oriente dove la guerriglia fa parte di abitudini triba li o di un tradizionale warfare, in occidente il combattente irregolare, il guerrigliero, il partigiano è spesso visto e considerato alla stregua di un bandito dalle autorità militari di eserciti regolari e da una parte della stes sa popolazione. C’è una netta distinzione tra militari regolari e irregolari e pure un innato disprezzo dei primi verso i secondi. Le radici della nostra cultura militare affondano nell’oplita greco, nel legionario romano… passando per il cavaliere medioevale per arrivare al l’ufficiale degli eserciti dinastici e professionali dell’epoca moderna e con temporanea, educato in collegi e accademie militari. Nel mondo occiden tale vi è sempre stata una netta differenza tra la casta guerriera o il mili tare e il resto della popolazione. Tocca al soldato in uniforme difendere il re, lo stato, la patria e la popolazione civile. In altri contesti non c’è que sta netta differenza. Quando facciamo la comunione o compiamo dodici/ quattordici anni ci regalano un orologio o una catenella, non un Kalašni kov o il revolver Webly che il nonno aveva strappato ad un ufficiale ingle se cent’anni prima come capita ai bambini in Afghanistan, Yemen e altri 7 paesi orientali o dell’America. In Italia, in particolare, l’esercito fu contra rio, sin dalle prime fasi del Risorgimento, alla guerra di popolo a favore di quella regia e ostile a formazioni autonome. L’esercito del sud, formato dai garibaldini, venne presto sciolto come la stessa Guardia Nazionale e pure le camicie nere della Milizia fascista erano viste come un corpo estraneo dai militari. In compenso la maggior parte dei militari, anche per questo motivo di fedeltà e di tradizione alle proprie istituzioni, non aderì alla RSI. Il problema della guerra insurrezionale in Italia si era già posto nel l’ottocento. Ma le idee visionarie di Mazzini o di Carlo Bianco tradotte nel trattato Della guerra nazionale d’insurrezione per bande, applicata all’Italia (1830) saranno in realtà realizzate durante la resistenza in un altro con testo storico. Ricordiamoci che come noi ci riferiamo nella difesa della democrazia alla Resistenza coloro che combattevano su queste montagne 80 anni fa avevano come modello le guerre dei loro padri, nonni e bi snonni: quelle del risorgimento e per l’unità di un’Italia nuovamente divi sa da una guerra civile. La guerriglia è quindi un fenomeno che appare storicamente saltuariamente in Italia… e visto che sono uno storico mili tare della repubblica di Venezia tra quattro e cinquecento più che del pe riodo di cui stima narrando adesso ricordo, ad esempio, che nell’estate del 1509 si scatenò una guerra partigiana che vide coinvolti decine di miglia ia di contadini contro gli imperiali, i todeschi… il nemico è in fondo sem pre quello… ed appare anche il termine di partigiano in alcune canzoni Viva Marc e i partesan, Ch’à scazà lo imperador E ten duca e ten segnor Via da Pava e dal pavan Noi oggi vediamo la guerriglia come fenomeno legato al mondo pro gressista e rivoluzionario, ma in realtà è stato spesso associato a forze reazionarie o di conservazione di valori tradizionali come successe in Vandea (rivoluzione francese), in Spagna nell’800, nel Tirolo di Andreas 8 Hofer, durante il brigantaggio e oggi in Afghanistan o altrove. Tutto que sto richiederebbe chiaramente un approfondimento che non è il caso oggi di affrontare in questa sede. Vorrei però concludere, tornando al nostro contesto, che in realtà episodi come questo di Malga Silvagno o dello stesso Porzus, quando par tigiani comunisti uccisero partigiani bianchi, siano stati piuttosto rari in Italia. La lotta partigiana in Italia rimase nella sostanza unitaria durante tutta la resistenza nonostante profondi contrasti ideologici, politici e so ciali. A differenza di altri stati europei dove le lotte intestine tra partigiani furono feroci e accanite: porto l’esempio della Yugoslavia dove il movi mento partigiano si spaccò in due e i cetnici passarono addirittura dalla parte dei tedeschi, della Polonia dove le armate Krajowa e Ludowa ebbero pessimi rapporti, in Grecia dove la guerra partigiana si concluse con una una sanguinosa guerra civile tra comunisti contro monarchici nazionalisti appoggiati dagli inglesi. Per fortuna l’Italia si salverà da ulteriori drammi anche se la guerra fredda seguita alla seconda guerra mondiale emarginerà di fatto i parti giani riabilitando o ricollocando ai loro posti di potere parte della stessa burocrazia e classe dirigente che aveva sostenuto il fascismo. Ma questa è già quasi storia di oggi. VIVA LA RESISTENZA CONTRO I NAZI FASCISTI! VIVA LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA NATA DALLA RESISTENZA! VIVA L’ITALIA, LA NOSTRA PATRIA!
Un libro avvicente che racconta la morte dei quattro partigiani comunisti, autori dell’uccisione del fascista di Marostica Alfonso Caneva e del col. Faggion esponente di spicco del fascismo di Valstagna, per mano dei partigiani cattolici dello stesso gruppo di Conco e che una decina di giorni dopo saranno catturati dai tedeschi e fucilati nel piazzale del Castello di Marostica.
DUCCIO DINALE IRONIZZA SULLA NOSTRA ASSENZA ALLA CERIMONIA “DEI 4 GATTI” DEL 25 APRILE A MAROSTICA
Ma è evidente che siamo alla pura retorica e che la manifestazione non è più finalizzata al ricordo della Liberazione dai nazi-fascisti, ma all’esaltazione dei caduti in guerra, senza ben precisi distinguo, per una indefinita Patria. E le associazioni partigiane ANPI e AVL sono ormai emarginate a mere associazioni d’arma, in primis l’Ana. Ma non dovrebbe essere così perché il 25 Aprile è il ricordo preciso di un fatto unico nella Storia d’Italia: la riconquista del potere da parte del Popolo italiano e l’ordine da parte del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di fucilare Mussolini. I Partigiani hanno ridato credibilità all’Italia di fronte alle truppe alleate. Anche se i problemi e le difficoltà non sono mancati. Vedi l’uccisione di 4 Partigiani comunisti a Conco da parte dei loro compagni catto-badogliani. Lo scontro era tra chi voleva agire, i comunisti, e chi attendere, i cattolici. I Partigiani comunisti avevano appena ucciso due esponenti locali del fascismo, evidentemente creando la reazione dei nazi-fascisti. Gli “assassini” e compagni dei comunisti nello stesso nucleo partigiano furono dopo pochi giorni catturati e fucilati dai tedeschi. La lapide dei Partigiani cattolici è nel Castello inferiore di Marostica. Quindi il 25 Aprile è un fatto storico specifico il cui ricordo non può essere confuso con i caduti delle varie guerre, tra l’altro non certo di “liberazione” da parte dell’Italia. Dinale invece di ironizzare dovrebbe impegnarsi a rilanciare l’Anpi, con i “nuovi” giovani Partigiani di oggi che vogliono difendere la Costituzione Italiana e far sì che il 25 Aprile sia veramente la festa della liberazione dal fascismo e quindi la festa dei Partigiani vecchi e nuovi, senza confusione ripeto per esempio con l’Ana, che è un’altra cosa.