600 (SEICENTO) EURO AL CAI DI MAROSTICA PER LA MANUTENZIONE DEI SENTIERI! E NESSUN ACCORDO CON I COMUNI DELL’ALTOPIANO.

600 euro al CAI ironicamente sembrano veramente “troppi” rispetto ai 5.500 per la recente manifestazione Marostica 1454. Infatti mettere a posto i sentieri di Marostica dovrebbe essere il primo punto di una amministrazione a cui sta a cuore il turismo alla scoperta del territorio fortunatamente ancora preservato che da dietro il Castello arriva fino ad Asiago.

“…nel territorio comunale vi sono 5 sentieri oggetto di interesse turistico di cui 4 in zona collinare che collegano in vario modo il capoluogo alle proprie frazioni e altri comuni limitrofi come di seguito denominati:
1. Borgo medioevale – Città murata – Castello Superiore;
2. colline di San Benedetto – frazione di Pradipaldo – loc. Gorghi scuri;
3. sentiero dei Sette – loc. Tortima – frazione di Crosara;
4. Borgo medievale del capoluogo – frazione di S.Luca – loc. Val d’Inverno;
5. itinerario Colceresa che si snoda tra i Comuni di: Marostica-Pianezze- Colceresa (per la parte ricadente nel territorio di Marostica)
………………
Considerato quindi opportuno, per le motivazioni sopra espresse, rinnovare la Convenzione con il C.A.I. sezione di Marostica, per altri due anni, al fine di programmare i lavori necessari su una pianificazione di lungo periodo, alle medesime condizioni concordate per la convenzione 2019/2021 per lo svolgimento del servizio manutentivo che si evidenziano di seguito:
1. durata convenzione 24 mesi a partire dalla data della stipula;
2. monitoraggio costante dei sentieri sopra indicati per controlli sfalcio erba, taglio rami e sterpaglie invadenti.
Ripristino segnaletica varia orizzontale e verticale; piccoli interventi di sistemazione muretti a secco e/o ciottolato, taglio di rami di piccolo calibro e simili;
3. 20 uscite annuali, da concordarsi di volta in volta tra le parti, con la presenza di due persone;
4. eventuale utilizzo dell’auto comunale, se strettamente necessario, con spese carburante a carico del Comune;
5. corresponsione di un rimborso spese per ogni uscita, inteso che ogni uscita avverrà con due persone (20 uscite x un totale massimo di € 600,00), che verranno corrisposte alla associazione per le spese vive sostenute dai volontari che si recano nei luoghi sopra indicati;
6. riconoscimento di ulteriori vari importi per comprovato uso di mezzi o materiali non previsti e non rientrabili in azioni di manutenzione ordinaria o leggera, previa accordo di volta in volta e produzione di apposite “pezze giustificative” fiscalmente valide.
7. copertura con apposite polizze assicurative, rc/auto – rc/terzi e rc/operatori e polizza infortuni che il Cai dovrà possedere per le attività dei volontari e per gli automezzi propri”.

Ma il problema è poi un altro. I sentieri che partono da Marostica poi vanno in altri Comuni e quindi per il loro mantenimento occorrerebbe una convenzione tra gli stessi.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

IL PIPIESSE (PARTITO DELLA PARTITA A SCACCHI) SBANCA: 157.000,00 EURO PER ILLUMINARE IL CASTELLO DI MAROSTICA

Certo che lo stanziamento è deciso e non sono noccioline. Sono previsti ben 157.500,00 euro per dare luce al Castello. Senza contare poi le spese per la corrente, anche se sembra che ci sia un innovativo risparmio energetico. Sembra infatti che il sistema sia dotato di pedali adatti per una trentina di volonterosi della Pro Marostica che potranno pedalare e ricaricare.

Ma siamo in attesa però dell’ok del Soprintendente ai beni ambientali e architettettonici cui spetta l’ultima parola. Sembra che costui sia venuto in incognito nella serata dedicata ad Halloween. Ora il Pipiesse attende trepidante il responso.

L’unica voce ulteriore, però non verificata, è che ci potrebbe essere sopra l’entrata anche la mega fotografia, sempre illuminata, di Simone Bucco, il promotore dell’iniziativa, in posa coma Mao.

Proseguono quindi i grandi investimenti della Giunta della Lega di Mozzo-Scomazzon, dopo il ristorante del Castello e la nuova stazione del bus. Stanno scrivendo la Storia di Marostica. Amen.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

ELENA PAVAN, L’ULTIMO SINDACO DI BASSANO INCAPACE DI DECIDERE. ED IL RITORNO DEL TRIBUNALE RESTA UNA RIDICOLA ILLUSIONE.

12 milioni spesi per il restauro del Tribunale e dopo quasi dieci anni tutto è ancora fermo. Si pensa probabilmente ancora di seguire l’illusione di un ritorno del funzionamento del tribunale a Bassano. Ma ormai è una cosa certa: non ci sarà mai più. Intanto restano inutilizzati oltre 3.000 metri quadri che farebbero estremamente comodo al Bassanese. Basta solo pensare agli spazi per l’Archivio di Stato (in affitto per circa 50.000 euro all’anno) e per quello comunale sparso in giro per la città in diverse sedi.

Insomma un immane spreco di un investimento non utilizzato, quando potrebbe essere convertito ed impiegato ad altri scopi.
Ma a cosa serve un Sindaco se non a prendere le giuste decisioni? Ma ormai è chiaro che il Sindaco decisionista a Bassano non c’è, era pura propaganda elettorale, ed anche sono evidenti la mancanza di esperienza e di competenze.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

I DANNI IDROGEOLOGICI DELLA PEDEMONDANA AMMESSI UFFICIALMENTE!…IL FAMOSO EFFETTO BARRIERA!

PROTOCOLLO DI INTESA PER LA PROGETTAZIONE E LA
REALIZZAZIONE DI OPERE NECESSARIE A SUPERARE LE CRITICITÀ
IDRAULICHE DEL TERRITORIO NEI COMUNI DELLA ZONA
PEDEMONTANA TRA IL TORRENTE LAVERDA E IL FIUME BRENTA
–000–
Il presente documento costituisce il
PROTOCOLLO DI INTESA
TRA IL CONSORZIO DI BONIFICA BRENTA E I COMUNI DI MAROSTICA, COLCERESA, PIANEZZE, SCHIAVON, NOVE E POZZOLEONE
ritenuto necessario per definire una cogente collaborazione e condivisione tra gli Enti sottoscrittori e loro aventi causa in modo da coordinare gli interventi e le azioni che i soggetti interessati dovranno realizzare in sinergia, con l’obiettivo primario di prevenzione del rischio idraulico nel territorio.
Tutto quanto sopra considerato oggi, tra i sottoscritti rappresentanti degli Enti interessati,
Premesso che:
Nel Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio Rurale, predisposto dall’allora Consorzio di bonifica “Pedemontano Brenta” (a cui il Consorzio di bonifica “Brenta” è subentrato a seguito della L.R. 12/2009) e consegnato alla Regione Veneto nel 1991, tra le varie nuove opere idrauliche ritenute necessarie per la prevenzione dei fenomeni di allagamento del territorio, era stato previsto un nuovo Collettore di Gronda che ricevesse gli apporti dei corsi d’acqua pedemontani (il torrente Valderio, il torrente Roncaglia, il torrente Ponterone ed un suo ramo secondario, lo scolo delle Fosse, la roggia Marosticana, lo scolo Torresino, il Bocchetto Acquedotto) e li scolmasse nel vicino fiume Brenta, liberando la zona interessata da frequenti situazioni di criticità Idraulica e possibili esondazioni e sgravando strutturalmente tutto il territorio di valle di una significativa quota dei deflussi di piena, con indubbio beneficio per un’area molto vasta. Dell’opera di cui trattasi lo stesso Consorzio, in data 1 ottobre 1990, aveva predisposto un primo progetto, a suo tempo trasmesso ai Superiori Organi, che però non aveva ottenuto il necessario finanziamento pubblico. La crescente urbanizzazione ed episodi di esondazione sempre più frequenti – non ultimo quello della prima decade di ottobre 1998 – hanno indotto il Consorzio a rivedere ed aggiornare il progetto, il che è avvenuto con il progetto del 13 agosto 1999, che prevedeva un importo di 4,45 miliardi di lire. Con l’emanazione del Piano di Sviluppo Rurale da parte della Regione Veneto nell’anno 2000, si era presentata la possibilità di realizzazione del Collettore, nell’ambito della misura 18 dello stesso Piano.
Il Consorzio, prima di inviare tale richiesta, effettuò alcune riunioni con i Comuni interessati e la Provincia e alla presenza del Genio Civile di Vicenza. Ne emerse la condivisione del progetto da parte di tutti gli interessati; il Consorzio inviò alla Regione il progetto e con Decreto n° 108 del 26 luglio 2001 la Direzione Regionale competente assegnava all’intervento un contributo di 4 miliardi di lire che copriva buona parte della somma necessaria, autorizzando il Consorzio ad avviare l’iter di approvazione. Il Consorzio avviò tempestivamente la procedura di impatto ambientale e venne svolta la presentazione pubblica del progetto il 2 maggio 2003 a Marostica. Un cambio di posizione da parte di alcuni Sindaci dell’epoca portò successivamente al venir meno della condivisione del progetto e la Commissione V.I.A. conseguentemente lo respinse, facendo venire meno il finanziamento e quindi la realizzazione dell’opera.
Nel nuovo Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio, predisposto nell’anno 2010 a seguito delle previsioni della nuova Legge Regionale 12/2009, il Consorzio inserì nuovamente il progetto del Collettore di Gronda, ipotizzando un aggiornamento dell’importo dell’opera a un valore di 3.600.000 euro.
Di tale nuovo piano fu data comunicazione agli enti coinvolti e il Comune di Nove con nota prot. 1176 del 31.01.2011 ha chiesto espressamente lo stralcio di tale progetto in quanto “fortemente impattante dal punto di vista ambientale e tale da deturpare in modo irreparabile il territorio” e in quanto “va a interessare Zone di Protezione Speciale ZPS, Siti di Importanza Comunitaria SIC nonché contesti figurativi Ville Venete come individuati dal PTCP della Provincia di Vicenza”.

In occasione della successiva realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta, che ha creato una barriera territoriale, il Consorzio ha imposto la predisposizione di idonei manufatti idraulici di attraversamento per garantire la continuità tra monte e valle, compreso quello atto a consentire la realizzazione del Collettore di Gronda. Recenti eventi alluvionali nella pedemontana – e in particolare l’evento meteorologico dei primi di giugno del 2020, classificato dalla Regione come eccezionale e per cui è stato dichiarato lo stato di crisi – dicono l’utilità di riprendere in esame l’opera.

A tal proposito, a seguito di incontri preliminari, si è concordato:
– di condividere gli indirizzi a cui dovrà ispirarsi l’attività di rettifica, aggiornamento e adeguamento della progettazione, valutando eventuali soluzioni alternative;
– di prevedere i necessari interventi di mitigazione e compensativi commisurati sia all’impatto delle opere sul territorio, sia alla presenza o assenza di benefici sul territorio, valutato comune per comune;
– di collaborare per il buon esito dell’iter istruttorio, progettuale ed esecutivo dell’opera, anche

nell’eventuale attività di informazione ai proprietari di terreni espropriati;
– di tenere conto delle sopravvenute criticità relative al sistema di collettamento pedemontano; – di condividere un Protocollo di Intesa.
Tutto ciò premesso,
SI CONVIENE QUANTO SEGUE:
Gli Enti sottoscrittori, preso atto della necessità di prevenire gli allagamenti del territorio attraverso opportune opere idrauliche, si impegnano ad avviare un percorso di progettazione condivisa del collettore di gronda in esame e delle opere necessarie a superare le criticità idrauliche sopra evidenziate, che:
– conferisca una valenza ambientale oltre che idraulica all’intervento, con la previsione, tra l’altro, di un percorso ciclo-pedonale, con criteri di mitigazione dell’impatto sul territorio;
– preveda per ciascun comune adeguati interventi di mitigazione e compensativi commisurati sia all’impatto di tali opere sul territorio del comune stesso, sia alla presenza o assenza di un beneficio diretto che quest’ultimo ne ricava;
– si integri con le altre pianificazioni esistenti con specifico riferimento alla pianificazione del Servizio Idrico Integrato anche per valutare possibili sinergie attuative;
Gli enti sottoscrittori si impegnano a compiere tutti gli atti conseguenti e necessari per sostenere il Consorzio nell’iter istruttorio e nelle autorizzazioni da conseguire, sia per l’ottenimento del finanziamento pubblico sia per l’azione di informazione e coinvolgimento sull’eventuale esproprio, ove strettamente necessario, riguardante le proprietà interessate dalle opere. Il Consorzio di bonifica “Brenta”, da parte sua, in caso di finanziamento dell’opera, si impegna alla realizzazione e manutenzione dei lavori, secondo le norme vigenti.
L.C.S.
Data _______________
Per il Comune di Marostica, _____________________
Per il Comune di Colceresa, _____________________
Per il Comune di Pianezze, _____________________
Per il Comune di Nove, _____________________
Per il Comune di Schiavon, _____________________
Per il Comune di Pozzoleone, _____________________
Per il Consorzio di Bonifica Brenta _______________________

LEOPARDI E L’AMORE

di Gianni Giolo                                                                                    

Leopardi poeta dell’amore? Ne parla nelle poesie “Alla sua donna” e ne “Il pensiero dominante”, composto fra il 1831 e il 1835. Due liriche che si ricollegano all’amore sfortunato del poeta per Fanny Targioni Tozzetti e rientrano nel ciclo dei canti che portano il titolo di “Aspasia”. La negatività di questa esperienza non tanto rappresenta una sconfitta e una delusione personale quanto il fallimento dell’Idea stessa dell’amore che è così “dominante” da confondersi con la vita ed estinguersi solo con essa. L’amore quindi non come sentimento ma come realtà ontologica.  L’amore dura nonostante sia fonte di infelicità per l’uomo.  La radicale differenza fra la donna e l’Idea di essa si risolve in audaci antitesi, da una parte il “paradiso” e lo “stupendo incanto” e dall’altra le “sabbie” e il “vipereo morso”. Nel “Pensiero dominante”, poesia amorosa per eccellenza, non si parla mai di “amore” né di “cuore”, come nell’Infinito, in “A Silvia” e nelle “Ricordanze”. La parola che domina è invece “pensiero”. L’aggettivo che impera è “solo”, ripetuto dieci volte (con la variante di “solingo”). Troneggia “come torre” solo il pensiero. Non c’è nessuna figura, nessuna persona, nemmeno la donna amata che viene evocata alla fine della poesia, come un’ombra del pensiero: “che chiedo io mai, che spero / altro che gli occhi tuoi veder più vago? / altro più dolce aver che il tuo pensiero?”.  L’amore è solitario e assoluto.  La donna è una “idea”, una divina essenza. Non c’è nemmeno il ricordo, tema centrale delle “Ricordanze”. Non c’è nemmeno la “speranza” che aleggia sovrana nella canto dedicato a Silvia, altra persona ideale. Il poeta dice di aver tanto ragionato e parlato con lei d’amore, ma non ha mai rivolto la parola a Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi (la fanciulla che viene genericamente identificata con Silvia) che cantava e tesseva come una dea davanti alla sua casa.   Tutto ciò che esiste è l’assoluto  presente: con la profondità, la dolcezza, la terribilità, la forza che il presente può avere. Nel 1819, l’anno dell’Infinito, Giacomo ha provato il primo vero amore per la cugina   Gertrude Cassi e scriveva nello Zibaldone: “Io non ho mai sentito tanto di viver quanto amando. L’amore è la vita e il principio vivificante della natura”. Ma nel 1830 nella lettera “Agli amici suoi di Toscana” confessa di essere ridotto a un “tronco che sente e pena”, vive come un morto e nel “Dialogo di Tristano e un amico” esprime il suo grande desiderio di lasciare la vita. Poi la breve parentesi dell’amore per Fanny che gli fa sperare nella vita del pensiero amoroso: “E tu per certo, o mio pensier, tu solo / vitale ai giorni miei”. Compaiono parole audaci come “voglioso” e “bramoso”. Ma nella lirica c’è il “secco” e “aspro” senso dell’esistenza quotidiana: la non vita. Il mondo non è altro che “atto indegno”, chiacchera, viltà e “bassa voglia”. Esiste solo il pensiero amoroso “dolcissimo, possente / dominator di mia profonda mente”. L’aggettivo dolcissimo ritornerà nella Ginestra che consola il deserto del Vesuvio con il suo dolcissimo profumo. In questa terra domina la realtà. Ma cos’è questo pensiero? Non è realtà, ma illusione, inganno e appartiene al mondo dei “leggiadri errori”. In “Aspasia” compare la donna che ha fatto perdere la testa al poeta. La chiama “delizia” ed “erinni” (mia delizia e mio tormento), come la Violetta della Traviata “croce e delizia”.  Le Erinni erano, nella mitologia greca, le Furie vendicatrici e torturatrici che abitavano l’oscurità dell’Erebo. Fanny era moglie di un medico botanico fiorentino, madre di tre figlie, animatrice del salotto letterario in via Ghibellina, famosa per la sua bellezza e frequentazioni letterarie, donna leggera e di facili amori. Esperta in seduzione (“non punto inerme”) è la vera carnefice che fa innamorare l’ingenuo poeta e quando lui le rivela il suo amore, lo fa mettere alla porta dal maggiordomo. Leopardi scrive di aver “ululato” di dolore e di vergogna per ben due anni. La passione acquista una forza e una violenza che non abbiamo mai incontrato in Leopardi. Aspasia, cioè Fanny, non è la Beatrice di Dante o la Laura di Petrarca, ma una belva sadica che si fa gioco di lui ed il poeta esperimenta per la prima volta la crudeltà di Eros, il dio dell’amore, armato di arco e frecce. Il recanatese ha sempre cantato la donna ideale, “l’amorosa idea”, il “raggio divino”, il sogno della sua mente e del suo cuore ed ha trovato, un giorno del maggio del 1830 una belva efferata che l’ha divorato. La Fanny, da quel che racconta l’amico del poeta Antonio Ranieri, non si è resa conto della freccia conficcata nell’animo di Leopardi, non ha capito nulla di quella furibonda passione. Leopardi dice che le donne non si rendono conto del male che fanno, non hanno sensi profondi, hanno solo “il raggio delle pupille tremule” per ingannare gli uomini. Al poeta non resta che raccontare, con ferocia, masochismo, vendetta e menzogna la propria umiliazione.              

GIUSEPPE MAROSO RISPONDE CON COMPETENZA SUL LONGHELLA! I SUPPORTER DI MOZZO SI VERGOGNINO PER LA LORO IGNORANZA.

Riportiamo:

“… mi spiace contraddirvi ma via convento é sotto la quota del longhella e gli straripamenti non hanno niente a che vedere con il longhella. A straripare é la roggia Marosticana che parte dalla val d’inverno vicino all’azienda Winter Valley, scende a destra del longhella fino dalla Zita, poi passa in sifone sotto il longhella e si sposta dal lato sinistro zona trattoria Rossi, poi in via consagrollo passa di nuovo sotto al longhella e scende per via maggior Morello ricevendo tutte le acque della zona Ponte coppello e maggior Morello dove i terreni sono molto più bassi degli argini del longhella. Gli straripamenti della roggia Marosticana sono presenti. Io non ricordo straripamenti del longhella recenti, ma posso sbagliarmi. Ho il dubbio che anche gli straripamenti evidenziati in zona Rossi siamo sempre relativi alla Roggia Marosticana e fossi affluenti. A memoria il punto critico del longhella é ponte campana dove confluisce anche la valletta. Quindi velocizzare il deflusso a monte potrebbe avere l’effetto contrario. A parte ciò, vedo che fra i commentatori non esistono mezze misure. Ognuno può esprimere il proprio parere, ma la situazione reale é molto più complessa e solo competenza e studio approfondito con controllo degli avvenimenti può portare a scelte mirate. Spesso ció che a vista sembra la soluzione migliore, acquisce il problema. Io, pur avendo abbastanza chiara la situazione idrografica della zona e un po’ di competenza tecnica non sarei in grado di avvalorare una o l’altra tesi. Unica certezza é che gli interventi vanno sempre valutati considerando tutti i fattori tecnici ed ambientali in particolar modo in un territorio come quello di Marostica dove deve emergere la vocazione turistica.”

Una finale considerazione: se al Touring Club arrivasse la foto dell’intervento “ruspa” invece della Bandiera Arancione arriverebbe quella Nera.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

MATTEO MOZZO E MICHELE PARISE I GHENGIS KAHN DEL LONGHELLA….CON LA RUSPA. SENZA CULTURA E SENSIBILITÀ AMBIENTALE

“Questo non è cura. È scempio inutile. Le piante purificano le acque e l’aria del nostro inquinamento. Proteggono contro straripamenti. Fanno parte di un sistema ecologico che è l’habitat anche della fauna e questa va tutelata”. Ci sono tanti uccelli, anitre, aironi…pesci. Il comune deve servirsi di persone esperte, preparate e competenti se vuole fare interventi validi e non comportarsi come Ghengis Kahn che al suo passaggio distrugge tutto ridendo e facendosi beffe di uccelli pesci e piante.

In zona abbiamo esperti di botanica e natura per finirla col cemento e la brutalità ambientale. Perché non si crea un gruppo di lavoro per riportare in natura i nostri torrenti in sicurezza? E creare il parco naturale del Longhella?
E adesso stanno anche progettando altri lavori di cemento per rimediare al dissesto idrogeologico provocato dalla Pedemontana, una barriera verticale al deflusso delle acque dalle montagne. Il futuro non si presenta roseo per l’ambiente. Prepariamoci al peggio perché ormai troppi guai sono stati combinati. E rimediare diventa sempre più difficile.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

PER SCURO IL MOZZO NON INVENTA NIENTE ED IL RACCORDO VIA PANICA – IV NOVEMBRE DATA DAI TEMPI DEL CUCÙ ED È STATO SEMPRE ACCANTONATO. MA ORA ARRIVANO GLI SCHEI….

di Mario Scuro

Il sindaco di Marostica, Matteo Mozzo (anni 31), annuncia ai media di aver progettato la futura realizzazione del raccordo stradale Panica – 4 Novembre, sul terreno dell’ex ospedale di Marostica (ora dell’Ulss 7 Veneto), per risolvere il problema del traffico di viale della Rimembranza.
Si tiene a precisare che non è sua l’idea del progetto (che tra l’altro non appare nemmeno sul Programma Elettorale 2018, ove è assente perfino la voce globale “viabilità”).
Il disegno della nuova strada è già stato presentato in occasione del convegno e della mostra “Marostica centro storico di interesse pubblico” (2014), in risposta alle pluridecennali attese dei concittadini.
Disegno continuativo di quanto era inserito nel Piano regolatore Los (sindaco Mario Consolaro) negli ormai lontani anni Settanta.
Proposta tenuta viva con successivi continui interventi presso l’Ulss (direttori generali Ermanno Angonese, Giuseppe Simini (petizione marosticana 2007), Valerio Alberti (San Marco, 19 settembre 2008; Bassano del Grappa, sede spedaliera, 12 marzo 2009 – con Daniela Bassetto), Fernando Antonio Compostella (Opificio Baggio, 5 maggio 2014), Giorgio Roberti (19 marzo 2016); presso la Regione (presidente Luca Zaia, assessori Luca Coletto, Francesca Martini, Sandro Sandri, Flavio Tosi, Manuela Lanzarin, Federico Carrer, Cristiano Corazzari (6 luglio 2017, alla presenza dei massimi funzionari).
Proposta respinta, purtroppo, dalla Conferenza dei Sindaci (che dovrebbe sostenere gli interessi del territorio) il 17 marzo 2008, presidente Giampaolo Bizzotto, sindaco di Bassano del Grappa.
A supporto di quanto affermato, il progetto è visibile al Castello, ove è sistemata la mostra 2014 permanente.
È da sottolineare che il limite del progetto ora presentato è che, anche questa volta, risolve parzialmente il problema del traffico cittadino per la decongestione di Panica-4 Novembre-Stazione-Rubbi-Montello.
Per questo si rimanda gli Amministratori alla lettura del progetto globale Frattini-Piazza (1997), che è costato milioni di lire e che giace, polveroso, nei cassetti dell’Ufficio Urbanistica. Avremmo potuto realizzare la circonvallazione Panica (Ponte Alto)-Praelle-SS 248 Marosticana-Anconetta-Ceramica-Levà (oltre il cimitero maggiore) su un terreno allora meno inurbato. Marostica vedrebbe, oggi, risolto il problema del traffico Ovest-Est.
Ma questa è una delle tante occasioni perse dagli amministratori di Marostica, problema che però ora si è costretti a risolvere per l’arrivo dei 12 milioni per il Centro Assistenza Alzheimer. La Provvidenza ha sostituito i politici locali.