DUCCIO DINALE PRESIDENTE DELLA COMPAGNIA DELLE MURA. MA LA DONAZIONE DELLE MURA DALLO STATO AL COMUNE DI MAROSTICA NON È VANTAGGIOSA, SOLO IMPEGNATIVA. ESISTONO LE CAPACITÀ DI GESTIONE?

di Mario Scuro

Dopo la prematura scomparsa dell’impegnato presidente Alberto Dinale, la “Compagnia delle Mura” serra le fila con l’assemblea generale dei soci e degli operatori, durante la quale è eletto il nuovo presidente nella figura dell’architetto Duccio Dinale e viene rinnovato l’impegno per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico della Città. Alla numerosa presenza in sala, ha fatto, purtroppo, riscontro l’assenza del Sindaco e della “Pro Marostica”. Si è intervenuti, con ampia e documentata relazione, sul recente epocale evento della donazione delle mura scaligere alla Città da parte dello Stato (Agenzia del Demanio).
Evento non noto alla maggioranza dei cittadini, in quanto non partecipato con il necessario confronto democratico, dovuto per l’assenza del progetto in parola dallo scheletrico (46 righe-capoverso) programma elettorale 2018 votato dagli elettori.
In sostanza, lo Stato Italiano (delega al Demanio) ha ceduto al Comune di Marostica “a titolo gratuito il complesso immobiliare denominato Mura Scaligere di Marostica”.
Ora, se da un lato la notizia può inorgoglire i Marosticani (ritornati, finalmente, nella proprietà delle loro mura), dall’altro crea un problema non indifferente per la Città. Problema che i cittadini devono conoscere per l’impegno progettuale e finanziario che d’ora in avanti dovranno sostenere come Comunità (una comunità, si badi bene, di appena 14.000 abitanti!).
A tale proposito, il protocollo d’intesa fra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comune di Marostica è molto chiaro e vincolante nel definire “le strategie e gli obiettivi di tutela e valorizzazione da perseguire attraverso l’attuazione del ‘Programma di valorizzazione’ allegato” (art.2).
Programma che prevede “costante monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione ordinaria del parametro murario”; “promozione/organizzazione/finanziamento di attività culturali volte all’accrescimento della conoscenza e della valorizzazione del compendio in parola”; “istituzione di appositi corsi di formazione di personale addetto, da impiegare quale accompagnatore nelle visite lungo il camminamento di ronda (percorso in quota)”. Per quest’ultimo sono previste “specifiche forme di realizzazione e di sicurezza e garanzia per l’apertura al pubblico”; nonché “la realizzazione di punti di accesso e di discesa”.
L’art.3 prevede che i proventi dei biglietti di accesso dovranno essere “reinvestiti per interventi di manutenzione e restauro sui beni trasferiti” (nota: “trasferiti”, non “ceduti”).
L’art.4 rafforza i concetti e gli obblighi espressi, indicando corollari storici e ambientali, poiché “Marostica è stata inserita negli itinerari turistici”; obbliga l’Amministrazione ad assumere impegni per “l’antisismico e per ogni tipo di pericolo derivante da incendi, furti, vandalismi, mancata manutenzione”; prescrive norme per “l’illuminazione e gli elementi di arredo; la manutenzione del Parco Salin e del Sentiero dei Carmini”.
Infine, la Soprintendenza “tutela l’esecutività di ogni aspetto di quanto concordato” e “il Comune di Marostica (Vicenza) provvederà a trasmettere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una dettagliata relazione, che illustri lo stato di avanzamento degli interventi, di conservazione e di fruizione del bene”.

A questo punto, è lecito porsi la domanda: – Riusciranno gli attuali giovani Amministratori (molti dei quali dimostrano di non conoscere la ‘storia delle mura’ e la vigenza del ‘Decreto Soragni 2012’ (Gazzetta Ufficiale n.59 del 6 marzo 2012 “Dichiarazione di notevole interesse pubblico del centro storico della città di Marostica”) ad osservare quanto tassativamente previsto dall’accordo? Stando a quanto si osserva in questi giorni, è legittimo avanzare dubbi; anche perché gli stessi Amministratori, per far quadrare il bilancio e coprirne i buchi, hanno valutato le mura (che non sono monetizzabili, quindi senza alcun valore reale) 6 milioni di euro.

GIÙ LE MANI DALLE NOSTRE MONTAGNE. L’ALTOPIANO DI ASIAGO NON SI TOCCA PIÙ. FINALMENTE IL CAI INTERVIENE

Franco Segalla scrive dopo il nostro articolo sulla proposta di scempio ai Larici e dopo la dura presa di posizione del CAI di Asiago:
“Ti auguro e Vi auguro di avere un seguito e la solidarietà da parte di tutte le sezioni C.A.I. del Veneto e d’Italia. Purtroppo per chi ti scrive è stata una sconfitta (nella foto la Val delle Lanze) dove la mafia Veneto-Trentina ha vinto! Nulla ha servito la zona archeologica presente (distrutta), nulla ha impedito la distruzione del trincerone (legge di tutela sui resti della Grande Guerra), demolita la cengia sotto il Coston di Lastebasse, la zona è captazione di acquedotti etc. Volentieri metto a disposizione la mia (piccola esperienza) e il mio aiuto”.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica

IL CAI DI ASIAGO CONTRO IL NUOVO ED INCREDIBILE SCEMPIO AMBIENTALE DEI LARICI

Presa di posizione netta del Consiglio direttivo del CAI di Asiago. “ I lavori per la realizzazione di impianti e piste non sono ancora iniziati; lo scempio naturalistico e paesaggistico che ne deriverebbe possono ancora essere evitati”. …nella convinzione che altre debbano essere le strade per un turismo sostenibile di cui molto si parla e troppo poco si pratica”.

Crediamo quanto mai opportuno che anche il CAI di Marostica ed il CAI di Bassano si associno alla petizione per la difesa dell’ambiente di Cima Larici e Val Formica. È ora veramente di mobilitazione con fatti e non chiacchiere.

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AL GEOLOGO TUNDO UMBERTO E ALLA NEA ARCHEOLOGIA COOPERATIVA I PRIMI SOLDI PER IL RIFUGIO ANTIAEREO A MAROSTICA

1.244,40 euro al geologo Tundo per la relazione geologica sulle gallerie del rifugio antiaereo e 976,00 euro per due sondaggi esplorativi e la relazione finale da trasmettere poi alla competente Soprintendenza alla NEA Archeologia Cooperativa.

Questo è l’avvio per il progetto di riuso del rifugio antiaereo sotto la collina del Castello Superiore.

È una iniziativa che si somma a quelle già in essere. Nulla è specificatamente detto di come si intende restaurare ed utilizzare il rifugio.

Quindi tante cose nella pentola del Comune, ma il restauro di Porta Breganze con relativa discesa del percorso sulle Mura è ancora fermo. Il ristorante del Castello Superiore sembra quasi finito, ma c’è un silenzio tombale sul futuro. Si sta correndo come fosse un traguardo imprescindibile ed indispensabile per l’inutile e dai più contestata nuova stazione dei bus, ma siamo ancora all’aria fritta. Sembra però una prova di forza.
Per non parlare del Politeama fermo da oltre dieci anni con il progetto definitivo appena presentato per l’apparire di un finanziamento romano. E manca ancora il restauro delle Mura e dell’area ex Azzolin.

Il progetto che però sembra procedere spedito è l’illuminazione del Castello, non sappiamo esattamente con quanti watt, ma sicuramente sufficienti per il marketing “illuminato” della Giunta Mozzo – Leghista, con il serio appoggio del Partito della Partita a Scacchi (Pipiesse).

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600 (SEICENTO) EURO AL CAI DI MAROSTICA PER LA MANUTENZIONE DEI SENTIERI! E NESSUN ACCORDO CON I COMUNI DELL’ALTOPIANO.

600 euro al CAI ironicamente sembrano veramente “troppi” rispetto ai 5.500 per la recente manifestazione Marostica 1454. Infatti mettere a posto i sentieri di Marostica dovrebbe essere il primo punto di una amministrazione a cui sta a cuore il turismo alla scoperta del territorio fortunatamente ancora preservato che da dietro il Castello arriva fino ad Asiago.

“…nel territorio comunale vi sono 5 sentieri oggetto di interesse turistico di cui 4 in zona collinare che collegano in vario modo il capoluogo alle proprie frazioni e altri comuni limitrofi come di seguito denominati:
1. Borgo medioevale – Città murata – Castello Superiore;
2. colline di San Benedetto – frazione di Pradipaldo – loc. Gorghi scuri;
3. sentiero dei Sette – loc. Tortima – frazione di Crosara;
4. Borgo medievale del capoluogo – frazione di S.Luca – loc. Val d’Inverno;
5. itinerario Colceresa che si snoda tra i Comuni di: Marostica-Pianezze- Colceresa (per la parte ricadente nel territorio di Marostica)
………………
Considerato quindi opportuno, per le motivazioni sopra espresse, rinnovare la Convenzione con il C.A.I. sezione di Marostica, per altri due anni, al fine di programmare i lavori necessari su una pianificazione di lungo periodo, alle medesime condizioni concordate per la convenzione 2019/2021 per lo svolgimento del servizio manutentivo che si evidenziano di seguito:
1. durata convenzione 24 mesi a partire dalla data della stipula;
2. monitoraggio costante dei sentieri sopra indicati per controlli sfalcio erba, taglio rami e sterpaglie invadenti.
Ripristino segnaletica varia orizzontale e verticale; piccoli interventi di sistemazione muretti a secco e/o ciottolato, taglio di rami di piccolo calibro e simili;
3. 20 uscite annuali, da concordarsi di volta in volta tra le parti, con la presenza di due persone;
4. eventuale utilizzo dell’auto comunale, se strettamente necessario, con spese carburante a carico del Comune;
5. corresponsione di un rimborso spese per ogni uscita, inteso che ogni uscita avverrà con due persone (20 uscite x un totale massimo di € 600,00), che verranno corrisposte alla associazione per le spese vive sostenute dai volontari che si recano nei luoghi sopra indicati;
6. riconoscimento di ulteriori vari importi per comprovato uso di mezzi o materiali non previsti e non rientrabili in azioni di manutenzione ordinaria o leggera, previa accordo di volta in volta e produzione di apposite “pezze giustificative” fiscalmente valide.
7. copertura con apposite polizze assicurative, rc/auto – rc/terzi e rc/operatori e polizza infortuni che il Cai dovrà possedere per le attività dei volontari e per gli automezzi propri”.

Ma il problema è poi un altro. I sentieri che partono da Marostica poi vanno in altri Comuni e quindi per il loro mantenimento occorrerebbe una convenzione tra gli stessi.

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IL PIPIESSE (PARTITO DELLA PARTITA A SCACCHI) SBANCA: 157.000,00 EURO PER ILLUMINARE IL CASTELLO DI MAROSTICA

Certo che lo stanziamento è deciso e non sono noccioline. Sono previsti ben 157.500,00 euro per dare luce al Castello. Senza contare poi le spese per la corrente, anche se sembra che ci sia un innovativo risparmio energetico. Sembra infatti che il sistema sia dotato di pedali adatti per una trentina di volonterosi della Pro Marostica che potranno pedalare e ricaricare.

Ma siamo in attesa però dell’ok del Soprintendente ai beni ambientali e architettettonici cui spetta l’ultima parola. Sembra che costui sia venuto in incognito nella serata dedicata ad Halloween. Ora il Pipiesse attende trepidante il responso.

L’unica voce ulteriore, però non verificata, è che ci potrebbe essere sopra l’entrata anche la mega fotografia, sempre illuminata, di Simone Bucco, il promotore dell’iniziativa, in posa coma Mao.

Proseguono quindi i grandi investimenti della Giunta della Lega di Mozzo-Scomazzon, dopo il ristorante del Castello e la nuova stazione del bus. Stanno scrivendo la Storia di Marostica. Amen.

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ELENA PAVAN, L’ULTIMO SINDACO DI BASSANO INCAPACE DI DECIDERE. ED IL RITORNO DEL TRIBUNALE RESTA UNA RIDICOLA ILLUSIONE.

12 milioni spesi per il restauro del Tribunale e dopo quasi dieci anni tutto è ancora fermo. Si pensa probabilmente ancora di seguire l’illusione di un ritorno del funzionamento del tribunale a Bassano. Ma ormai è una cosa certa: non ci sarà mai più. Intanto restano inutilizzati oltre 3.000 metri quadri che farebbero estremamente comodo al Bassanese. Basta solo pensare agli spazi per l’Archivio di Stato (in affitto per circa 50.000 euro all’anno) e per quello comunale sparso in giro per la città in diverse sedi.

Insomma un immane spreco di un investimento non utilizzato, quando potrebbe essere convertito ed impiegato ad altri scopi.
Ma a cosa serve un Sindaco se non a prendere le giuste decisioni? Ma ormai è chiaro che il Sindaco decisionista a Bassano non c’è, era pura propaganda elettorale, ed anche sono evidenti la mancanza di esperienza e di competenze.

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I DANNI IDROGEOLOGICI DELLA PEDEMONDANA AMMESSI UFFICIALMENTE!…IL FAMOSO EFFETTO BARRIERA!

PROTOCOLLO DI INTESA PER LA PROGETTAZIONE E LA
REALIZZAZIONE DI OPERE NECESSARIE A SUPERARE LE CRITICITÀ
IDRAULICHE DEL TERRITORIO NEI COMUNI DELLA ZONA
PEDEMONTANA TRA IL TORRENTE LAVERDA E IL FIUME BRENTA
–000–
Il presente documento costituisce il
PROTOCOLLO DI INTESA
TRA IL CONSORZIO DI BONIFICA BRENTA E I COMUNI DI MAROSTICA, COLCERESA, PIANEZZE, SCHIAVON, NOVE E POZZOLEONE
ritenuto necessario per definire una cogente collaborazione e condivisione tra gli Enti sottoscrittori e loro aventi causa in modo da coordinare gli interventi e le azioni che i soggetti interessati dovranno realizzare in sinergia, con l’obiettivo primario di prevenzione del rischio idraulico nel territorio.
Tutto quanto sopra considerato oggi, tra i sottoscritti rappresentanti degli Enti interessati,
Premesso che:
Nel Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio Rurale, predisposto dall’allora Consorzio di bonifica “Pedemontano Brenta” (a cui il Consorzio di bonifica “Brenta” è subentrato a seguito della L.R. 12/2009) e consegnato alla Regione Veneto nel 1991, tra le varie nuove opere idrauliche ritenute necessarie per la prevenzione dei fenomeni di allagamento del territorio, era stato previsto un nuovo Collettore di Gronda che ricevesse gli apporti dei corsi d’acqua pedemontani (il torrente Valderio, il torrente Roncaglia, il torrente Ponterone ed un suo ramo secondario, lo scolo delle Fosse, la roggia Marosticana, lo scolo Torresino, il Bocchetto Acquedotto) e li scolmasse nel vicino fiume Brenta, liberando la zona interessata da frequenti situazioni di criticità Idraulica e possibili esondazioni e sgravando strutturalmente tutto il territorio di valle di una significativa quota dei deflussi di piena, con indubbio beneficio per un’area molto vasta. Dell’opera di cui trattasi lo stesso Consorzio, in data 1 ottobre 1990, aveva predisposto un primo progetto, a suo tempo trasmesso ai Superiori Organi, che però non aveva ottenuto il necessario finanziamento pubblico. La crescente urbanizzazione ed episodi di esondazione sempre più frequenti – non ultimo quello della prima decade di ottobre 1998 – hanno indotto il Consorzio a rivedere ed aggiornare il progetto, il che è avvenuto con il progetto del 13 agosto 1999, che prevedeva un importo di 4,45 miliardi di lire. Con l’emanazione del Piano di Sviluppo Rurale da parte della Regione Veneto nell’anno 2000, si era presentata la possibilità di realizzazione del Collettore, nell’ambito della misura 18 dello stesso Piano.
Il Consorzio, prima di inviare tale richiesta, effettuò alcune riunioni con i Comuni interessati e la Provincia e alla presenza del Genio Civile di Vicenza. Ne emerse la condivisione del progetto da parte di tutti gli interessati; il Consorzio inviò alla Regione il progetto e con Decreto n° 108 del 26 luglio 2001 la Direzione Regionale competente assegnava all’intervento un contributo di 4 miliardi di lire che copriva buona parte della somma necessaria, autorizzando il Consorzio ad avviare l’iter di approvazione. Il Consorzio avviò tempestivamente la procedura di impatto ambientale e venne svolta la presentazione pubblica del progetto il 2 maggio 2003 a Marostica. Un cambio di posizione da parte di alcuni Sindaci dell’epoca portò successivamente al venir meno della condivisione del progetto e la Commissione V.I.A. conseguentemente lo respinse, facendo venire meno il finanziamento e quindi la realizzazione dell’opera.
Nel nuovo Piano Generale di Bonifica e Tutela del Territorio, predisposto nell’anno 2010 a seguito delle previsioni della nuova Legge Regionale 12/2009, il Consorzio inserì nuovamente il progetto del Collettore di Gronda, ipotizzando un aggiornamento dell’importo dell’opera a un valore di 3.600.000 euro.
Di tale nuovo piano fu data comunicazione agli enti coinvolti e il Comune di Nove con nota prot. 1176 del 31.01.2011 ha chiesto espressamente lo stralcio di tale progetto in quanto “fortemente impattante dal punto di vista ambientale e tale da deturpare in modo irreparabile il territorio” e in quanto “va a interessare Zone di Protezione Speciale ZPS, Siti di Importanza Comunitaria SIC nonché contesti figurativi Ville Venete come individuati dal PTCP della Provincia di Vicenza”.

In occasione della successiva realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta, che ha creato una barriera territoriale, il Consorzio ha imposto la predisposizione di idonei manufatti idraulici di attraversamento per garantire la continuità tra monte e valle, compreso quello atto a consentire la realizzazione del Collettore di Gronda. Recenti eventi alluvionali nella pedemontana – e in particolare l’evento meteorologico dei primi di giugno del 2020, classificato dalla Regione come eccezionale e per cui è stato dichiarato lo stato di crisi – dicono l’utilità di riprendere in esame l’opera.

A tal proposito, a seguito di incontri preliminari, si è concordato:
– di condividere gli indirizzi a cui dovrà ispirarsi l’attività di rettifica, aggiornamento e adeguamento della progettazione, valutando eventuali soluzioni alternative;
– di prevedere i necessari interventi di mitigazione e compensativi commisurati sia all’impatto delle opere sul territorio, sia alla presenza o assenza di benefici sul territorio, valutato comune per comune;
– di collaborare per il buon esito dell’iter istruttorio, progettuale ed esecutivo dell’opera, anche

nell’eventuale attività di informazione ai proprietari di terreni espropriati;
– di tenere conto delle sopravvenute criticità relative al sistema di collettamento pedemontano; – di condividere un Protocollo di Intesa.
Tutto ciò premesso,
SI CONVIENE QUANTO SEGUE:
Gli Enti sottoscrittori, preso atto della necessità di prevenire gli allagamenti del territorio attraverso opportune opere idrauliche, si impegnano ad avviare un percorso di progettazione condivisa del collettore di gronda in esame e delle opere necessarie a superare le criticità idrauliche sopra evidenziate, che:
– conferisca una valenza ambientale oltre che idraulica all’intervento, con la previsione, tra l’altro, di un percorso ciclo-pedonale, con criteri di mitigazione dell’impatto sul territorio;
– preveda per ciascun comune adeguati interventi di mitigazione e compensativi commisurati sia all’impatto di tali opere sul territorio del comune stesso, sia alla presenza o assenza di un beneficio diretto che quest’ultimo ne ricava;
– si integri con le altre pianificazioni esistenti con specifico riferimento alla pianificazione del Servizio Idrico Integrato anche per valutare possibili sinergie attuative;
Gli enti sottoscrittori si impegnano a compiere tutti gli atti conseguenti e necessari per sostenere il Consorzio nell’iter istruttorio e nelle autorizzazioni da conseguire, sia per l’ottenimento del finanziamento pubblico sia per l’azione di informazione e coinvolgimento sull’eventuale esproprio, ove strettamente necessario, riguardante le proprietà interessate dalle opere. Il Consorzio di bonifica “Brenta”, da parte sua, in caso di finanziamento dell’opera, si impegna alla realizzazione e manutenzione dei lavori, secondo le norme vigenti.
L.C.S.
Data _______________
Per il Comune di Marostica, _____________________
Per il Comune di Colceresa, _____________________
Per il Comune di Pianezze, _____________________
Per il Comune di Nove, _____________________
Per il Comune di Schiavon, _____________________
Per il Comune di Pozzoleone, _____________________
Per il Consorzio di Bonifica Brenta _______________________

LEOPARDI E L’AMORE

di Gianni Giolo                                                                                    

Leopardi poeta dell’amore? Ne parla nelle poesie “Alla sua donna” e ne “Il pensiero dominante”, composto fra il 1831 e il 1835. Due liriche che si ricollegano all’amore sfortunato del poeta per Fanny Targioni Tozzetti e rientrano nel ciclo dei canti che portano il titolo di “Aspasia”. La negatività di questa esperienza non tanto rappresenta una sconfitta e una delusione personale quanto il fallimento dell’Idea stessa dell’amore che è così “dominante” da confondersi con la vita ed estinguersi solo con essa. L’amore quindi non come sentimento ma come realtà ontologica.  L’amore dura nonostante sia fonte di infelicità per l’uomo.  La radicale differenza fra la donna e l’Idea di essa si risolve in audaci antitesi, da una parte il “paradiso” e lo “stupendo incanto” e dall’altra le “sabbie” e il “vipereo morso”. Nel “Pensiero dominante”, poesia amorosa per eccellenza, non si parla mai di “amore” né di “cuore”, come nell’Infinito, in “A Silvia” e nelle “Ricordanze”. La parola che domina è invece “pensiero”. L’aggettivo che impera è “solo”, ripetuto dieci volte (con la variante di “solingo”). Troneggia “come torre” solo il pensiero. Non c’è nessuna figura, nessuna persona, nemmeno la donna amata che viene evocata alla fine della poesia, come un’ombra del pensiero: “che chiedo io mai, che spero / altro che gli occhi tuoi veder più vago? / altro più dolce aver che il tuo pensiero?”.  L’amore è solitario e assoluto.  La donna è una “idea”, una divina essenza. Non c’è nemmeno il ricordo, tema centrale delle “Ricordanze”. Non c’è nemmeno la “speranza” che aleggia sovrana nella canto dedicato a Silvia, altra persona ideale. Il poeta dice di aver tanto ragionato e parlato con lei d’amore, ma non ha mai rivolto la parola a Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi (la fanciulla che viene genericamente identificata con Silvia) che cantava e tesseva come una dea davanti alla sua casa.   Tutto ciò che esiste è l’assoluto  presente: con la profondità, la dolcezza, la terribilità, la forza che il presente può avere. Nel 1819, l’anno dell’Infinito, Giacomo ha provato il primo vero amore per la cugina   Gertrude Cassi e scriveva nello Zibaldone: “Io non ho mai sentito tanto di viver quanto amando. L’amore è la vita e il principio vivificante della natura”. Ma nel 1830 nella lettera “Agli amici suoi di Toscana” confessa di essere ridotto a un “tronco che sente e pena”, vive come un morto e nel “Dialogo di Tristano e un amico” esprime il suo grande desiderio di lasciare la vita. Poi la breve parentesi dell’amore per Fanny che gli fa sperare nella vita del pensiero amoroso: “E tu per certo, o mio pensier, tu solo / vitale ai giorni miei”. Compaiono parole audaci come “voglioso” e “bramoso”. Ma nella lirica c’è il “secco” e “aspro” senso dell’esistenza quotidiana: la non vita. Il mondo non è altro che “atto indegno”, chiacchera, viltà e “bassa voglia”. Esiste solo il pensiero amoroso “dolcissimo, possente / dominator di mia profonda mente”. L’aggettivo dolcissimo ritornerà nella Ginestra che consola il deserto del Vesuvio con il suo dolcissimo profumo. In questa terra domina la realtà. Ma cos’è questo pensiero? Non è realtà, ma illusione, inganno e appartiene al mondo dei “leggiadri errori”. In “Aspasia” compare la donna che ha fatto perdere la testa al poeta. La chiama “delizia” ed “erinni” (mia delizia e mio tormento), come la Violetta della Traviata “croce e delizia”.  Le Erinni erano, nella mitologia greca, le Furie vendicatrici e torturatrici che abitavano l’oscurità dell’Erebo. Fanny era moglie di un medico botanico fiorentino, madre di tre figlie, animatrice del salotto letterario in via Ghibellina, famosa per la sua bellezza e frequentazioni letterarie, donna leggera e di facili amori. Esperta in seduzione (“non punto inerme”) è la vera carnefice che fa innamorare l’ingenuo poeta e quando lui le rivela il suo amore, lo fa mettere alla porta dal maggiordomo. Leopardi scrive di aver “ululato” di dolore e di vergogna per ben due anni. La passione acquista una forza e una violenza che non abbiamo mai incontrato in Leopardi. Aspasia, cioè Fanny, non è la Beatrice di Dante o la Laura di Petrarca, ma una belva sadica che si fa gioco di lui ed il poeta esperimenta per la prima volta la crudeltà di Eros, il dio dell’amore, armato di arco e frecce. Il recanatese ha sempre cantato la donna ideale, “l’amorosa idea”, il “raggio divino”, il sogno della sua mente e del suo cuore ed ha trovato, un giorno del maggio del 1830 una belva efferata che l’ha divorato. La Fanny, da quel che racconta l’amico del poeta Antonio Ranieri, non si è resa conto della freccia conficcata nell’animo di Leopardi, non ha capito nulla di quella furibonda passione. Leopardi dice che le donne non si rendono conto del male che fanno, non hanno sensi profondi, hanno solo “il raggio delle pupille tremule” per ingannare gli uomini. Al poeta non resta che raccontare, con ferocia, masochismo, vendetta e menzogna la propria umiliazione.              

GIUSEPPE MAROSO RISPONDE CON COMPETENZA SUL LONGHELLA! I SUPPORTER DI MOZZO SI VERGOGNINO PER LA LORO IGNORANZA.

Riportiamo:

“… mi spiace contraddirvi ma via convento é sotto la quota del longhella e gli straripamenti non hanno niente a che vedere con il longhella. A straripare é la roggia Marosticana che parte dalla val d’inverno vicino all’azienda Winter Valley, scende a destra del longhella fino dalla Zita, poi passa in sifone sotto il longhella e si sposta dal lato sinistro zona trattoria Rossi, poi in via consagrollo passa di nuovo sotto al longhella e scende per via maggior Morello ricevendo tutte le acque della zona Ponte coppello e maggior Morello dove i terreni sono molto più bassi degli argini del longhella. Gli straripamenti della roggia Marosticana sono presenti. Io non ricordo straripamenti del longhella recenti, ma posso sbagliarmi. Ho il dubbio che anche gli straripamenti evidenziati in zona Rossi siamo sempre relativi alla Roggia Marosticana e fossi affluenti. A memoria il punto critico del longhella é ponte campana dove confluisce anche la valletta. Quindi velocizzare il deflusso a monte potrebbe avere l’effetto contrario. A parte ciò, vedo che fra i commentatori non esistono mezze misure. Ognuno può esprimere il proprio parere, ma la situazione reale é molto più complessa e solo competenza e studio approfondito con controllo degli avvenimenti può portare a scelte mirate. Spesso ció che a vista sembra la soluzione migliore, acquisce il problema. Io, pur avendo abbastanza chiara la situazione idrografica della zona e un po’ di competenza tecnica non sarei in grado di avvalorare una o l’altra tesi. Unica certezza é che gli interventi vanno sempre valutati considerando tutti i fattori tecnici ed ambientali in particolar modo in un territorio come quello di Marostica dove deve emergere la vocazione turistica.”

Una finale considerazione: se al Touring Club arrivasse la foto dell’intervento “ruspa” invece della Bandiera Arancione arriverebbe quella Nera.

Osservatorio Economico Sociale di Marostica