LA TELENOVELA DELLA TAVERNA DE MAROSTEGA SEMPRE A CARICO DEI CITTADINI. UNA FIGURA DA PAJASSI

Io credo che, forse, nessuna struttura pubblica marosticana abbia avuto una storia così tormentata come la “Taverna de Marostega”, edificata all’interno del Castello Superiore, finita col creare più danni che benefici per la Comunità, che si voleva servire.
Sorta negli anni Cinquanta, dopo l’accordo con l’ex capitano della Wermacht di stanza in Panica Wilheim Pabisch, divenuto proprietario della sommità del Pausolino durante la seconda guerra mondiale (investimento pubblico di 1.800.000 lire; abbattimento della casa colonica interna abitata dalla famiglia Chemello, fittuaria della famiglia Tescari; permesso di costruire un “fabbricato rustico” per il gestore all’esterno N-O, divenuto l’ennesima superfetazione, ora trasformato in b&b), la Taverna fu inaugurata il 29 dicembre 1959 dall’on. Mariano Rumor, ministro dell’Agricoltura, autorevole rappresentante vicentino della Democrazia Cristiana a livello nazionale ed internazionale, cinque volte a capo del governo italiano.
Proprietà del Comune di Marostica, affidato a gestione privata, il ristorante ha avuto continui rifacimenti ed aggiunte (nuova ala Ovest: terrazza; deposito a Nord; nuovo tetto 1992: totale ristrutturazione 2000-01; cortili per il parcheggio e le feste nuziali), con investimenti finanziari milionari (ovviamente a carico del contribuente); interventi tali che possiamo dire che la struttura abbia costituito un deficit per il Comune.
L’ultimo progetto dell’architetto comunale Francesca Furlanetto ha comportato la chiusura del ristorante dal 2019 ed un investimento superiore al milione di euro, con conseguente sostanziale modifica edilizia.
Il recente bando per l’affidamento in concessione origina ulteriori interrogativi.
Per la stesura l’Amministrazione Comunale è ricorsa ad un impiegato di altro comune (pagato, naturalmente – era necessario?).
La durata dell’affidamento è stabilita in 9 anni con canone annuo a base di gara di 72.000 euro. La cifra per l’esercizio (6.000 euro al mese) in sé non è vantaggiosa per il Comune, qualora si pensi al canone che pagano gli esercenti della piazza e alla svalutazione nel futuro decennio.
Ma nel testo appaiono condizioni capestro: concept di allestimento dei locali e dell’area; progetto tecnico gestionale; offerta enogastronomica di prodotti di pregio del territorio, accompagnata da una proposta accattivante accessibile ad un vasto pubblico, con programmi ed eventi dedicati; integrazione con il sistema turistico.
Il fatto è che, alla vigilia della scadenza, l‘Amministrazione Comunale ha deciso la “proroga” del bando per “permettere a chi è interessato di formulare al meglio la proposta”. Il che fa supporre un insufficiente interesse per la gestione.

Siamo curiosi di conoscere il seguito della telenovela. Intanto, la Taverna resta chiusa.

Mario Scuro