LA BUFALA DEL RISPETTO DEL PATRIMONIO VINCOLATO

di Mario Scuro

Ha suscitato commenti non certo benevoli fra i nostri lettori la notizia sull’occupazione e sulle modifiche d’uso delle chiese di Napoli, argomento sul quale si è ampiamente soffermato l’ultimo servizio di “Report”. Si coglie, in alcuni, la sottolineatura del luogo comune: sono cose che succedono al Sud. Il che fa riemergere l’idea di un’Italia divisa fra nordisti (bravi) e sudisti (meno bravi).
Con ciò si dimentica (o si vuole ignorare) quanto di analogo succede anche nella nostra comunità; con l’aggravante che, mentre le chiese sono di proprietà di un ente indipendente, qual è la Chiesa, cinta, torri e castelli di Marostica sono di proprietà del Demanio statale (recentemente ceduti al nostro Comune) e quindi patrimonio di tutti i cittadini. Pertanto ogni “offesa” dovrebbe sollevare l’indignazione generale.
Prendiamo un esempio eclatante: la torre P della cinta.
Il fortilizio fa parte di 11 torri delle 24 esistenti di cui il privato rivendica la “proprietà”, essendosi impossessato delle stesse nel tempo.
Ora, la proprietà ed i vincoli sono stati reiteratamente pubblicizzati dallo Stato; soprattutto con il Decreto Soragni 2014, il D.L. 22 gennaio 2004 n.42, il Piano Particolareggiato per il Centro Storico di Sergio Los 1984, il Decreto Giovanni Spadolini 1975, il Decreto Aldo Moro 1959, il Decreto Pasquale Grippo 1915.
Cento anni fa, la torre in parola (pur abitata) appariva nella sua struttura originaria, con ai lati solo due strutture mobili, adibite rispettivamente a stalla, porcile, pollaio e a bottega-deposito di un falegname di Marostica.
Con il tempo, il privato occupante ha iniziato una manovra di “isolamento” dal contesto cittadino, interrompendo l’antica contrada Castello (oggi, Callesello), che da Porta Bassanese conduceva alla sommità del Pausolino internamente alla cinta, delimitando a suo favore un vasto terreno con muri e reti metalliche, innalzando un robusto inaccessibile portone vicino alla torre Q.

 Ma quello che è maggiormente riprovevole è che, tra l’indifferenza di chi era (ed è) preposto alla tutela ed alla salvaguardia del bene, lo stesso privato ha elevato gradualmente strutture abitative, avviluppando e deturpando la torre, come appare nelle fotografie riportate. Ancora, ha ricevuto un forte indennizzo finanziario pubblico (pari al 70% della spesa) in occasione del restauro comunale della medesima torre (2004-05).
Ciononostante, Marostica, “Città veneta della Cultura”, “Bandiera arancione del Touring Club Italiano, “Città degli Scacchi”, si vanta pubblicamente – a bocca dei suoi amministratori – di essere “modello per il rispetto dell’ambiente e dei beni”. Sarà….